Lucrecia Dalt – Anticlines (RVNG, 2018)

Il cammino di quest’artista è davvero ricco di variazioni di percorso se si pensa ai suoi lavori precedenti, già molto diversi tra loro (sto parlando di Lucrecia Dalt e dei suoi album Syzygy e OU) che ora, conoscendo quest’ultimo lavoro Anticlines, sono ancora più distanti.

Non possiamo comprendere in realtà l’interezza del progetto se non ci rifacciamo ad altri nomi della musica elettronica femminile (Barbara Morgenstern, Gudrun Gut, Myra Davies, ecc.) poiché l’istituzione di questo collettivo è servito a far maturare una coscienza dell’ascolto, delle possibilità che si possono trovare nel lasciar parlare gli strumenti, la propria voce, la propria coscienza (si sentiranno anche dei riferimenti nei testi che sono una sorta di stream of conscoiusness à la Laurie Anderson, per esempio nella prima traccia d’apertura).

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Un’ingengnere (mi si passi il termine che probabilmente non rientra nel linguaggio inclusivo, ma si sappia che è al femminile) geotecnico colombiana che risiede a Berlino, è già il punto di partenza promettente per le possibilità di carriera della Dalt che si è sempre dedicata alla ricerca dei testi, delle texture, dei ritmi ampliando il suo panorama musicale dell’elettronica contemporanea. E anche la strumentazione si amplia: il clavia Nord Modular, effetti MOOG e voce, il vero nucleo della Nostra. Anche qui, la voce è narrante e i contenuti spaziano (dal miro colombaino di El Boraro, sulle dipendenze degli uomini dalla terra, tracce di marziani in Antartica, e le parole, anche usate contro loro stesse, in grado di perdere gradualmente il significato.

 

 

L’alienazione è in sostanza il fulcro di questo lavoro, capace di risvegliare i sensi e di fare addormentare la ragione. Anticlines è l’opera più compiuta e audace fino ad oggi di Lucrecia Dalt.

Riccardo Gorone

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