Autonomia regionale: concertazione preventiva e garanzie per tutti, la ricetta della Toscana

L’assessore Vittorio Bugli ha illustrato ieri al Consiglio gli impegni presi nel pieno rispetto della Costituzione: “Siamo pronti ad avviare negoziati da ottobre 2018. Nostra posizione e atti fin qui approvati sono il linea con il Conte bis. Si può anticipare il traguardo con norme di legge ordinaria”. Gli interventi del dibattito in aula.

Rafforzare il regionalismo garantendo uguaglianza e unità nazionale. Sono questi i cardini su cui ruota l’autonomia differenziata chiesta dalla Toscana che “è pronta ad avviare negoziati con il Governo almeno da ottobre 2018”. Lo dimostra, peraltro, il pacchetto presentato a luglio dello scorso anno, articolato su dieci materie (ambiente, beni culturali, lavoro, salute, governo del territorio, accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, autonomie locali, istruzione e formazione, coordinamento della finanza pubblica, porti), “che in qualche modo poteva già essere terreno di dialogo della commissione bicamerale per le questioni regionali”, ha spiegato l’assessore regionale alla presidenza, Vittorio Bugli, illustrando, ieri, al Consiglio regionale la comunicazione della Giunta in materia di autonomia differenziata delle Regioni.

Sulla potestà riconosciuta dall’articolo 116 della Costituzione, dopo la modifica del Titolo V approvata nel 2001, l’esecutivo regionale a guida Enrico Rossi comunica al Consiglio gli impegni presi, sanciti con atti di indirizzo approvati sin da settembre 2017, e dimostra nuova vitalità viste le intenzioni del premier Conte: in tema di regionalismo prevede infatti un percorso di “coesione nazionale, solidarietà, tutela della dignità giuridica ed economica”. Questa posizione ufficiale, contenuta al punto 20 del programma di Governo, risulta “in linea con i principi e le posizioni espresse fino ad oggi dalla Toscana”, affermaBugli, dimostrando anche fiducia per l’apertura di una “discussione a carattere generale unita all’analisi delle proposte avanzate da ciascuna Regione”.

Coordinare le richieste rimaste inascoltate dal precedente Governo, che “non ha ritenuto di avviare alcun negoziato tanto a livello politico che tecnico”, è la strada da percorrere e Bugli lo ripete al Consiglio anche citando i recenti incontri (il 26 settembre a Roma e il 15 ottobre a Firenze) con il ministro Francesco Boccia. In quelle sedi, il titolare del dicastero per gli affari regionali e le autonomie, ha proposto la costruzione di una cornice nazionale all’interno della quale inserire le singole intese mentre si è impegnato a realizzare quanto prima la definizione dei livelli essenziali per le prestazioni, “una delle principali condizioni per dare attuazione al regionalismo in coerenza con la Costituzione”, spiega Bugli.

Se nella conferenza delle Regioni e delle Province autonome la Toscana ha dato “piena disponibilità e partecipazione attiva”, il traguardo della maggiore autonomia “può essere anticipato con norme di legge ordinaria, valorizzando le questioni che interessano tutte le Regioni, senza intaccare il tema del finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni”. Anche su alcune questioni amministrative già richieste, a detta di Bugli, si può intervenire in via anticipata.

Atti adottati dalla Regione

Risoluzione 163 del 13 settembre 2017 con la quale il Consiglio ha espresso il suo orientamento favorevole al regionalismo differenziato, impegnando la Giunta ad attivare passaggi per dare impulso alla procedura di maggiore autonomia.

Risoluzione 217 del 17 luglio 2018 con la quale il Consiglio ha indicato gli ambiti strategici (ambiente, beni culturali, lavoro, salute, governo del territorio, accoglienza dei richiedenti asili e rifugiati, autonomie locali, istruzione e formazione, coordinamento della finanza pubblica, porti) nei quali ottenere ulteriori competenza legislative e amministrative, dando mandato alla Giunta perseguire l’intesa con il Governo.

Risoluzione 237 del 27 febbraio 2019 con la quale il Consiglio ha impegnato il presidente della Giunta ad attivarsi per un’autonomia legislativa coerente con la Carta Costituzionale, a garanzia dell’uniformità dei diritti civili su tutto il territorio nazionale.

“Dopo aver ascoltato la comunicazione dell’assessore Bugli noi ribadiamo la nostra contrarietà all’autonomia regionale differenziata perché siamo convinti che serva contrastare un’ipotesi di regionalismo che minaccia l’unitarietà statale e i principi di solidarietà e cooperazione”. Lo ha affermato Paolo Sarti (Sì-Toscana a Sinistra), che insieme al consigliere Tommaso Fattori sull’argomento aveva presentato un’interrogazione alla Giunta per conoscere le iniziative per un regionalismo basato sul principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni e sul contrasto alla disuguaglianza tra territori ricchi e poveri. I due consiglieri, inoltre, chiedevano di conoscere i contenuti della richiesta di autonomia avanzata dalla Regione e sullo stato delle trattative in corso. “A nostro avviso, serve non l’autonomia differenziata, ma creare pari opportunità per le Regioni”, ha aggiunto Sarti.

Contraria all’idea dell’autonomia regionale differenziata, che ha definito “una tribalizzazione che uccide l’unità del Paese”, anche la consigliera Monica Pecori (gruppo Misto–Tpt). La dimostrazione di ciò, secondo la consigliera Pecori, è la vicenda delle Regioni a Statuto speciale che “nate in un momento particolare per sanare le ferite prodotte dallo stato centralista fascista si è poi dimostrata, nel tempo, una scelta sciagurata a danno delle altre Regioni”. Con la riforma costituzionale del 2001, ha aggiunto, “si è prodotto il disastro della frantumazione del servizio sanitario, che ha creato enormi centri di potere regionali e ha differenziato le prestazioni erogate ai cittadini e la richiesta di autonomia differenziata rischia di amplificare sempre di più questi divari tra Regioni”.

“Noi non siamo contrari a priori. Anzi, siamo favorevoli all’autonomia differenziata, ma solo se ciò avverrà in un contesto che salvaguardi i principi costituzionali della solidarietà e della cooperazione”, ha dichiarato il consigliere Gabriele Bianchi (M5S). “Ero presente all’incontro con il ministro Boccia del 15 ottobre – ha aggiunto – e ho accolto con favore che abbia assicurato di voler rispettare questi principi e di procedere alla riforma solo dopo la definizione dei livelli essenziali di prestazione. Per questo ci preoccupa sentir parlare di accelerazione attraverso il ricorso a leggi ordinarie”.

Soddisfazione per l’opportunità di discutere dell’autonomia differenziata è stata espressa dal consigliere Marco Casucci (Lega), che si è detto però “perplesso circa gli atti prodotti dalla Regione e circa le critiche rivolte dalla Giunta al vecchio governo che non sarebbe stato disposto a trattare con la Toscana. Ci risulta altro e ci risulta che sia stato il governatore Enrico Rossi, anche attraverso le sue dichiarazioni pubbliche, a tenere comportamenti contradditori”. Secondo Casucci, il regionalismo differenziato è stato introdotto con la riforma costituzionale del 2001 del governo D’Alema e “si tratta solo di dare concretezza a quell’indirizzo”. “Non ci sono preoccupazioni circa una frammentazione dello Stato – ha aggiunto – perché l’autonomia differenziata sposta alle Regioni alcune competenze e non sposta e non toglie risorse a nessuno”.

Il principio di autonomia differenziata per la consigliera del Movimento 5 Stelle Irene Galletti deve essere “giusto e cooperativo, rispettoso del dettato costituzionale”. Non ci devono essere “squilibri” ha detto citando le Regioni del nord e del sud e su alcune materie, quali istruzione e beni culturali, l’attenzione deve essere alta. Nello specifico, Galletti ha chiarito: “Non è possibile pensare ad una scuola di serie A e una di serie B magari con programmi diversi”. L’idea di assunzioni di insegnanti su base regionale, per la consigliera “è sbagliata”. “Non si può ragionare in termini di trattamento diverso tra studenti” e sui beni culturali ha aggiunto: “L’attività di promozione e la tutela sono due concetti diversi. Quest’ultima deve restare di competenza statale”. Seguendo questo ragionamento, Galletti ha chiesto “maggiore esplicitazione” delle materie da ricondurre all’autonomia e “grande attenzione”.

Per il capogruppo Pd Leonardo Marras l’autonomia che chiede la Toscana “è quella prevista dalla Costituzione e dagli articoli 116 e 119” e cioè in un contesto, ha spiegato, che “non mini i diritti degli italiani e il loro carattere di cittadini di una nazione”. Per il capogruppo l’approccio portato avanti è quello di un regionalismo differenziato “senza disuguaglianze”. Il metodo dell’attuale Governo in carica, già ricordato nella comunicazione dell’assessore Vittorio Bugli, a detta di Marras va nella “direzione di una buona cooperazione senza compromettere la radice di Stato nazionale”. Il capogruppo ha anche annunciato il voto contrario ai due documenti (proposta di risoluzione e ordine del giorno) presentati dal gruppo della Lega.

“Notevoli” sono, per il capogruppo di Sì-Toscana sinistra Tommaso Fattori le materie su cui la Toscana cerca di regionalismo. “La lista è molto ampia e mi chiedo se davvero esistono così tante specificità. Ci stiamo mettendo in fila per discutere l’autonomia su una mole di ambiti che ha molte varianti. Non so quale sistema potrebbe uscirne” . E ha aggiunto: “Mi pare che stiamo andando verso una sorta di regioni a semi statuto speciale”. Per Fattori, un conto è “chiedere un diverso regionalismo uguale per tutti, altro è volere maggiori competenze solo per se stessi”.

“Sì all’autonomia, ma solo dopo un serio dibattito che non aggiri la Costituzione ma punti a modificarla”, è quanto ha chiesto Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia). “Non siamo d’accordo con la proposta della Toscana che cerca di ottenere con le scorciatoie ciò che la Carta non concede”. A detta del consigliere, l’approccio dovrebbe essere quello di un “dibattito maturo. La rivendicazione di più competenze e più materie non ci piace. Non è il clima ideale per ragionare su una riforma indispensabile”. Il primo punto su cui lavorare per “bilanciare tante competenze”, per Marcheschi, è quello del “presidenzialismo”.

“Entrare maggiormente nel merito” è la richiesta che ha avanzato il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Marchetti. Quella proposta dalla Toscana “è una richiesta a maglia larga”. Su alcuni ambiti quali accoglienza, porti e istruzione “non si può entrare in competizione con le altre Regioni”, ma è giusto ragionare sul tema ambientale in chiave di “distretti produttivi quali marmo, cuoio e tessile o su peculiarità particolari come la geotermia”, ha spiegato. Marchetti ha chiesto una “maggiore condivisione” e uno “snellimento delle materie, magari precisando meglio ed esplicitando i vari ambiti”.

Di “grande opportunità” ha parlato Paolo Bambagioni (Pd). “Le Regioni sono abbastanza mature per capire cosa può rimanere a livello locale e cosa a livello statale”. Citando la sanità, il consigliere ha riconosciuto che la maggiore autonomia regionale “ha prodotto miglioramenti. Che ci piaccia o no, dobbiamo riorganizzarci”,ha detto pur spiegando il contesto: “Andiamo avanti, facciamoci trovare pronti per assumere funzioni in un quadro solidale. La Toscana potrebbe rappresentare un buon modello”.

Perplessità sulla possibilità di procedere con leggi ordinarie, laddove possibile, così come ipotizzato dall’assessore Bugli, sono state avanzate dal consigliere del Movimento 5 stelle, Andrea Quartini. Già riprendendo quanto dichiarato dalla collega Irene Galletti, ha precisato che l’autonomia “non può essere preceduta con norme regionali. Serve una cornice nazionale di garanzia”. Ha quindi espresso apprezzamento per una proposta definita “sobria. Altre Regioni hanno proposto ben molte più materie di noi”, ha spiegato il consigliere.

Serena Spinelli (Gruppo misto) ha chiarito il modello che vorrebbe, un “sistema con caratteristiche regionali ma con un controllo sugli asset principali uguali per tutti”. Sulle materie in discussione, la consigliera si è domandata se ci sia anche la richiesta di “aumento del numero dei medici” o sulla “riapertura delle assunzioni” in campo sanitario. Annunciando voto contrario agli atti presentati dalla Lega, Spinelli ha rimarcato l’idea che sta al fondo del suo ragionamento e del modello di autonomia su cui si dovrebbe ragionare: “Lo Stato è uno, i diritti dei cittadini sono uguali per tutti”.

Nella replica l’assessore Vittorio Bugli ha ribadito che le richieste della Toscana si muovono nel solco della Costituzione. “In un momento in cui il dibattito è ripartito abbiamo risposto anche per dignità istituzionale e con un pacchetto di materie numericamente più basso rispetto ad altre Regioni”. Sulle perplessità avanzate circa il procedere con leggi ordinarie, l’assessore è stato chiaro: “Ci sono ambiti che possono favorire il regionalismo e che valgono per tutti”. Poi un appunto: “Occorre discutere insieme, concordare i percorsi anche per non abbassare i livelli che abbiamo raggiunto per esempio in termini di urbanistica e di salvaguardia ambientale, campo in cui siamo la Regione più avanzata”.

L’aula ha respinto gli atti presentati dalla Lega sull’autonomia differenziata, illustrati da Marco Casucci, secondo il quale la maggioranza vuole “un decentramento amministrativo”. La proposta di risoluzione presentata puntava a escludere, dalle dieci materie già individuate, quelle su ‘accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati’ e ‘autonomie locali’. Gli ambiti nei quali ottenere maggiori competenze legislative, a detta della Lega, dovrebbero contemplare “rapporti internazionali e con l’Europa delle regioni; commercio con l’estero; professioni; ricerca scientifica e tecnologia e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; ordinamento sportivo; protezione civile; trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale”. “Competenze necessarie a far ripartire la Toscana”, ha affermato Casucci.

Nella proposta di risoluzione si esprimeva anche la contrarietà alla costituzione di una cornice unica nazionale come proposta il 26 settembre scorso dal ministro Francesco Boccia. A detta dei consiglieri, tale funzione è già “chiaramente svolta dalle norme costituzionali”.

L’ordine del giorno collegato puntava al “sostegno della causa catalana”. Nell’esprimere “piena solidarietà ai detenuti politici, al popolo e alle istituzioni catalane” e auspicando “l’immediato ritorno al dialogo tra Stato spagnolo e Generalitat”, il documento impegnava la Giunta ad invitare il Governo a esprimere all’ambasciatore spagnolo “formale protesta” e per “chiedere l’immediata scarcerazione dei prigionieri politici”. Il Governo dovrebbe poi “ritirare l’ambasciatore fin tanto che non sarà ripristinato il minimo ordine democratico”.

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