Richard Horowitz – Eros in Arabia (RVNG, 2017)

Eros In Arabia - Toscana NewsEros in Arabia è l’opera del 1981 di Richard Horowitz, collaboratore di Jon Hassel, che vede oggi la sua riedizione per l’etichetta newyorchese RVNG. Il compositore, che normalmente collabora per lo starsystem hollywoodiano (si pensi al film Ogni Maledetta Domenica), ha rielaborato il mood del Medio Oriente in chiave minimalista, per cui è una sorta di incontra tra Oriente e Occidente. E non è un caso, poiché Horowitz è fondatore del Gnaoua Festival di Mogador che ospita mediamente 500000 persone ad ogni sua edizione. Principalmente, il Nostro, lavora con tastiere e sintetizzatori (tramite cui riesce a emulare i suoni dei flauti che costellano tutto il disco in quasi tutte le tracce) e con campioni (percussioni marocchine arricchite di delay), che raddoppia magicamente creando un continuo gioco di specchi riflessi (figura, quest’ultima, che abbraccia sia l’immaginario mistico dell’Oriente, che il matematismo dell’Occidente), come nella “groovy” Eros Never Stops Dreaming.

Si pensi anche alla traccia Elephant Dance, il cui synth centrale sprigiona pattern che, secondo la fantasia di Horowitz, possano richiamare la maniera di suonare del XVI secolo, generando microtonalità che possano alterare il DNA di una tradizione. La traccia sorella, Baby Elephant Magic, on è altro che Elephant Dance ma accelerata, che hanno poco a che fare con l’aura indonesiana dell’originale, quanto piuttosto con l’atmosfera urbana, ricca di impianti meccanici.

E siccome nella tradizione Occidentale, abbiamo chi è riuscito a reinterpretare, demolire, rovesciare il minimalismo, come John Cage, ecco che lo spunto per il pezzo 23/8 for Conlon Nancarrow è presto detto: un pianoforte suonato il più veloce possibile da un essere umano (e qui gli eredi che oggi abbiamo di questa tecnica possono essere Lubomyr Melnik o Charlemagne Palestine) che crea sfasamenti in un continuum spaziotemporale inventando un caos concentrico. L’elemento umano non manca, poiché, sì, la tecnologia investe tracce quali Never Tech No Foreign Answer (in cui lo storico sintetizzatore Prophet -5 viene abbandonato a se stesso, al suo clock interno e registrato con un microfono – e qui anche la parentesi “acusmatica” è presto conchiusa esclusivamente per motivi poetici e non estetici) , la traccia Queen of Saba incorpora la voce della sua collaboratrice Sussan Deyhim, una delle voci “più potenti dell’Iran” che affonda le radici nella tradizione Sufi e nella poesia femminista di Forough Farrokhzad. La voce qui si fa strumento che gioca con modulazioni e saliscendi senza proferir parola.

Puro suono che irradia luce, come nell’esordio del disco Bandit Nrah Master of Rajasthan in cui il sintetizzatore Prophet riesce ad imitare il flauto della corte del Marajah, del sultano, o di qualsivoglia atmosfera mediorioentale.

Gioco di specchi, incontro tra culture e tecnologie, una riedizione del passato che era già proiettato nel futuro. Il mistero si svela come tale (rimanendo misterioso, appunto), e tale bellezza continua ad essere incontrastata.

 

Riccardo Gorone

Pulsante per tornare all'inizio