LUCCA – Andrea Lanfri, si conclude il tour estivo: 5 vette, due uomini e una sola gamba
Andrea ragazzo di Lucca ha da sempre avuto l’istinto di superare ogni limite, anche quando si trattava solo di barriere mentali. Tutto cambia nel 2015, quando una meningite fulminante con sepsi meningococcica stravolge i suoi piani.
Andrea si ritrova a riprogrammare la vita, ad affrontare la quotidianità senza le sue gambe e sette dita delle mani; la malattia, però, non ha scalfito la sua voglia di vivere. Massimo Coda, atleta biellese che arrampica e affronta le pareti più impervie con una protesi al titanio dal ginocchio in giù. Nel 2009, infatti, l’alpinista era rimasto vittima di un grave incidente in montagna, che lo ha portato dopo un lungo calvario e svariati interventi chirurgici, all’amputazione dell’arto compromesso.
L’avventura parte a giugno, dopo il via libera agli spostamenti in un’Italia assopita che lentamente si riprendeva la vita.
La prima è stata la Regina delle Dolomiti, la Marmolada (12-14 giugno).
“Abbiamo pensato di cominciare con la più semplice – dice Andrea – ma non è stata una passeggiata”.
L’intenzione era quella di percorrere la via normale, ma poi abbiamo optato per la cresta ovest, un percorso un po’ più lungo. A rendere più difficile del previsto la prima tappa sono state le condizioni non ottimali della neve.
Seconda tappa: Gran Paradiso (3-5 luglio). La prima dell’elenco a superare i 4000 metri, nonché l’unica interamente in territorio italiano. Questa è stata una tappa molto più rilassante, a dispetto delle previsioni.
“Due vette su cinque sono fatte! Marmolada e Gran Paradiso – scriveva Andrea il 4 luglio sui suoi canali social – Questa è la prima volta che in un uscita insieme a Massimo Coda tutto fila tranquillo! In qualche modo trasformiamo sempre una normale uscita in un’uscita da survivor! Facendo varianti o percorsi assurdi. Prossima vetta in lista? 4.808m, la più alta d’Italia”
È la volta del tetto d’Europa: Andrea e Massimo partono alla conquista del Monte Bianco (28-31 luglio). Dopo i dubbi iniziali sul versante da cui intraprendere questo percorso, i due atleti hanno optato per la via ratti, preferendo il versante italiano a quello francese.
Tenda, fornello, cibo, piumini, sacco a pelo: gli zaini erano davvero molto carichi. Un passo dopo l’altro Andrea e Massimo arrivano al ghiacciaio del Miage,
“In questo tratto si alternano neve, sassi e crepacci. Per le mie protesi e il mio equilibrio si tratta di un esercizio enorme di concentrazione, che richiede preparazione fisica e mentale.” – racconta Andrea.
Il continuo cambio di assetto e di equilibrio, infatti, stanca. Chiunque abbia subito un’amputazione non ha la mobilità della caviglia, e in questo caso l’equilibrio viene corretto con movimenti di busto e bacino, dove con peso impegnativo sulle spalle, il tutto diventa ancora più complicato. Finalmente i due atleti scorgono in lontananza il Rifugio Gonella, arroccato su un parete che raggiungono arrampicando, aiutati in alcuni punti da corde e scalette. Così Andrea e Massimo, seguendo il filo della cresta arrivano in vetta alle 6 e 30 del mattino. Andrea scrive con immensa soddisfazione sui social di aver “toccato il cielo con tre dita, a quota 4810 mt”, per poi ridiscendere dall’italiana, rifacendo tutto il percorso.
Si arriva così rapidamente alla quarta tappa: il re di Pietra, il Monviso (21-23 agosto). Scelgono di salire dalla cresta Est e scendere dalla via normale. Partenza dal Pian del Re, alla sorgente del fiume Po, camminando fino al rifugio Quintino Sella. Da qui si stagliava davanti a loro la cresta che giungeva fino alla vetta. Una cresta alpinistica, impegnativa e sfidante, che hanno arrampicato con corda e protezioni fino alla vetta. Così, l’avventura giunge all’ultima tappa, la più insidiosa, la più affascinante. I due alpinisti hanno provato a raggiungere la cima del monte Cervino (4-6 settembre) nel weekend tra il 5 e il 6 settembre. Non UNA montagna, ma LA montagna, per Andrea che sogna sempre in grande.
Erano arrivati lì, a quota 4250m, Pic Tyndall poco prima dell’ Enjambèe. La croce era li, davanti a loro, a circa due ore di cammino, ma il buon senso ha prevalso sulla voglia di conquista. Il tempo a disposizione, infatti, era limitato. Alle 16 le condizioni meteo sarebbero peggiorate e la discesa sarebbe stata davvero troppo rischiosa. Al momento la stagione e gli impegni non permettono una risalita, ma l’impresa è solamente rimandata al prossimo anno. Le potenzialità per conquistare la vetta che rimarrà negli annali ci sono tutte, basta solo un po’ più di fortuna con il meteo.