Sun Ra Arkestra atterra a Firenze a distanza di 40 anni dalla prima edizione del Festival dei Popoli 2019
All'Auditorium Flog il meglio del jazz crossover assieme alla storica orchestra d'avanguardia e al talento di James Brandon Lewis
Firenze – Era del 1979 che non capitava: l’orchestra “spaziale” non atterrava sullo stivale per questo tour speciale. Stiamo parlando della storica Sun Ra Arkestra. Chiaramente non vi è più l’ombra del fondatore radicale Sun Ra all’anagrafe come Herman Poole Blunt, scomparso nel 1994, ma che ha lasciato le redini dell’orchestra al suo collaboratore e visionario multistrumentista Marshall Allen (flautista, sassofonista, flauto elettrico, ecc.) che continua a portare avanti la tradizione dell’orchestra. A tal proposito, sembra bestemmiare quando si associano tradizione e Sun Ra Arkestra, visto che l’Arkestra è nata proprio per contrastare la tradizione e i canoni prestabiliti. In realtà il progetto dell’Arkestra, che ha visto molti cambi di formazione negli anni e che ha riconsiderato le sue interpretazioni e impostazioni musicali, aveva anche un intento sociale/razziale che ha ritrovato come erede attuale il compianto Ras G (anche lui scomparso a luglio di quest’anno a soli 39 anni) che condivideva il progetto di mandare il popolo della melanina a rifondare nuove realtà nelle galassie, oltre i confini terrestri, un rinascimento afro all’insegna della sperimentazione e della libertà compositiva. Quella ventata di freschezza e di eresia che rendeva la big band così atipica, originale e talvolta ostracizzata ai suoi inizi, oggi si presenta quasi come folklore, come pallido ricordo che ci spinge simpatia verso questi arzilli vecchietti che continuano a stupire e a coinvolgere il loro pubblico grazie al loro entusiasmo e alla loro energia. Difatti, nel loro live, non si sono trovati gesti audaci o particolari ostici che rendevano la band effettivamente “avanguardia”. Adesso l’Arkestra ha una scaletta (e già questo sembra indietreggiare di molto con le esigenze della nascita del progetto) e dei pezzi “standard” (oltre ai “classici” come Space is The Place, suonata in modalità itinerante, a spasso per l’Auditorium flog, troviamo anche il tema del Principe Igor di Borodin, tanto inaspettato quanto sconcertante). La presenza era doverosa, non tanto per i nostalgici, quanto per coloro che sanno che un fenomeno originale alla fonte e che nell’attualità diventa ombra della luce alla nascita. Chiamatelo intrattenimento, turismo, mondanità, sì, la Sun Ra Arkestra è questo, ma è anche un ricordo di ciò che non vi è più e che possiamo solo immaginare, ed è giusto che sia così. La giusta mossa infatti è stata quella di mettere il collettivo di faraoni afrospaziali assieme al quintetto di James Brandon Lewis che dell’avanguardia ne ha fatto la bandiera, contrapponendo temi rapsodici a sfuriate in solo, atomi di fraseggi (sax, tromba, chitarra, basso elettrico e batteria) sommati assieme, stop e partenze e un sound underground che prende a piene mani la tradizione americana per rivoltarla come un calzino. Due facce della stessa medaglia del jazz, nella solita serata: qualcosa sicuramente da ricordare.
Riccardo Gorone