MONDIALI – Gambetta, il brasiliano col cugino campione con l’Uruguay
PISTOIA – Ieri sono iniziati ufficialmente i Mondiali di calcio in Brasile. Nella partita d’esordio, la Seleçao ha battuto 3-1 la Croazia tra le polemiche per la mancata espulsione di Neymar, poi autore di una doppietta, per una gomitata volontaria a Modric sanzionata soltanto col cartellino giallo e per un rigore inesistente assegnato al 26’ della ripresa sul risultato di 1-1.
Tra i tifosi dei verdeoro ce n’è uno d’eccezione, il presidente del gruppo consiliare Più Toscana/Nuovo Centrodestra in Regione Toscana, Antonio Gambetta Vianna. Nato a Pistoia da padre brasiliano (giunto in Toscana con le truppe Alleate a combattere i nazifascisti) e madre pistoiese, Gambetta Vianna è cresciuto in Brasile dove studiò e visse fino all’età di 18 anni. Poi il ritorno in Italia, anche se Antonio Gambetta Vianna tiene particolarmente alle proprie radici e tradizioni.
Radici che partono da un altro Paese ancora, la Francia. Infatti, Gambetta Vianna è diretto discendente del Primo Ministro Léon Gambetta. Una parte della famiglia decise poi di stanziarsi in Brasile, l’altra in Uruguay. Ironia della sorte, il 16 luglio 1950, giorno del Maracanaço, “La peggiore tragedia nella storia del Brasile” come titolò la stampa carioca, che portò il Governo a proclamare pure tre giorni di lutto nazionale, a vestire la maglia dell’Uruguay c’era con il numero 11 il laterale destro Schubert Gambetta, giovane cugino del nonno di Antonio Gambetta Vianna.
Presidente Gambetta, è iniziato il Mondiale in Brasile e la Seleçao ha battuto la Croazia non senza polemiche.
«I cosiddetti “aiutini” alle squadre di casa ci sono sempre stati, ma secondo me il Brasile avrebbe vinto comunque anche perché la Croazia, se si va a guardare a fondo, ha fatto un gol su autorete del nostro Marcelo e ha giocato di contropiede. Ma la differenza tecnica tra le due squadre è stata evidente. Quando sarà registrata la difesa sicuramente il Brasile migliorerà anche quell’aspetto del gioco. Per quanto riguarda l’attacco penso che Neymar da solo possa fare ben poco. Per puntare in alto dovranno essere rinforzate proprio la difesa e l’attacco».
Si è giocato, comunque, in un clima surreale visti gli scontri e le numerose proteste del popolo e delle associazioni contrarie a questi Mondiali.
« Quando i brasiliani protestano contro un Mondiale di calcio giocato in casa significa che i problemi ci sono e sono grossi. Sinceramente mi immaginavo che i problemi sarebbero venuti fuori anche perché secondo me la presidentessa Dilma Rousseff, che è stata portata in braccio dall’ex presidente Lula che tutti noi conosciamo, non è adatta a ricoprire questo ruolo. Penso che il baco sia proprio lì: la Rousseff non ha il polso fermo che deve avere il presidente di un grande Paese di quasi 200 milioni di abitanti. Giustamente le proteste ci sono perché col mondo globale chiunque può vedere la situazione degli altri Paesi: in Brasile non ci sono servizi adeguati, gli stipendi sono troppo bassi, le persone hanno difficoltà a muoversi perché i trasporti sono lenti e le strade non sono costruite a regola d’arte. I problemi ci sono, ma penso che, andando avanti col Mondiale e se il Brasile continuerà a vincere, alla fine anche tra il popolo il resto passerà in secondo piano. I brasiliani sono troppo innamorati del calcio».
Questi sono i secondi Campionati Mondiali organizzati in Brasile dopo quelli del 1950. Il 16 luglio di quell’anno, allo stadio Maracanà di Rio de Janeiro, si consumò il dramma di un Paese intero. In campo c’era pure un Gambetta, ma con la maglia sbagliata…
«Schubert Gambetta era un cugino di mio nonno. Giocava nell’Uruguay perché un ramo della mia famiglia si era trasferito dalla Francia in Brasile e un altro in Uruguay. Il caso volle che giocò proprio Brasile-Uruguay al Maracanà che assegnò l’allora Coppa Rimet alla Celeste con grande dispiacere di tutto il popolo brasiliano. Ci furono suicidi (ben 34 suicidi e 56 morti per arresto cardiaco, ndr), delle scene terribili, sicuramente spropositate. All’epoca io non avevo ancora compiuto cinque anni però già a scuola i miei compagni e gli altri bambini, a causa del mio cognome e del mio parente che giocò quella partita contro il Brasile, mi davano un po’ addosso. Qualche problema in più lo ebbe mio padre, che a quei tempi lavorava nell’Interpol. I suoi colleghi gli davano addosso: il nostro cognome stava a significare che un Gambetta, uno della nostra famiglia, aveva giocato contro il Brasile dando a tutto il Paese un grosso dispiacere. Era un problema, però dopo un po’ di tempo passò tutto. Tornando a quella partita, l’Uruguay meritò quella vittoria e pace all’anima di chi si buttò giù dagli spalti del Maracanà e di chi morì in tutto il Paese per quel dispiacere. Secondo me queste sono scene che non devono accadere perché il calcio è sempre un gioco, uno sport e bisogna prenderlo com’è. Quest’anno, se la Seleçao non dovesse vincere i Mondiali, non credo che succederanno le solite scene anche perché ci sono ben altri problemi in Brasile».
E l’Italia?
«L’Italia secondo me arriverà tra le prime quattro perché è sempre una squadra fortissima, ha una difesa quasi insuperabile e ha attaccanti di valore come Balotelli, Immobile e Insigne, senza dimenticare Cassano che può sempre tornare utile. Poi non dimentichiamoci che il fulcro del gioco dell’Italia è Pirlo e che per fortuna ha fatto un’annata favolosa ed è in splendida forma. Se Balotelli farà il ragazzo serio e penserà a giocare facendo quello che gli riesce meglio, ossia segnare gol, e se Immobile, capocannoniere della serie A, troverà spazio nel corso delle partite, credo che il girone sarà superato facilmente. Mi auguro che ci sia una finale Italia-Brasile così quella sera (ride, ndr) andrò al cinema per non fare torto a nessuna delle due Nazionali e vedrò il risultato soltanto la mattina dopo sui giornali».