FIRENZE: Careggi, viaggio nel racket dei “vu parcheggià”
Parcheggio di Careggi nelle mani degli esattori abusivi. Qualcuno lo chiama racket, qualcun’altro elemosina insistente. L’unica certezza è che l’esercito di “vu parcheggià”, la ventina di cittadini perlopiù nordafricani che dall’alba al tramonto presidiano in massa il parcheggio della struttura ospedaliera, a chiederti il “pizzo” ci prova comunque. Che si tratti di piazzare un posto auto o magari un paio di occhiali e un accendino, non fa differenza. Quello che conta è che, per schiodarseli, di dosso si deve lasciare un euro, magari due, facciamo cinque.
Cifra a cui è facile arrivare se alla tassa sul nulla versata nelle loro mani si aggiunge il prezzo di tre ore di sosta nel parcheggio. Ma questo, i nuovi “parcheggi qui dottò” in salsa africana, sembrano saperlo. Le ore in cui battono cassa infatti sono soprattutto quelle del passo, dalle 12.30 alle 14.30 e dalle 18.30 alle 20.30, quando il parcheggio è gratuito e le persone sono più disposte ad alleggerirsi il portafogli di qualche monetina.
La tattica è collaudata, complice l’effetto sorpresa. Appena varcata la sbarra e ritirato il biglietto si piazzano davanti all’automobile e intimato “l’alt”, indicano i posti più “pregiati”, quelli dei primi cinque settori vicini all’uscita di viale Pieraccini, tutti rigorosamente marcati dai loro borsoni, a pochi metri dall’ingresso dell’ospedale in via della Misericordia.
Mancano pochi minuti alle una quando, entrati nel parcheggio, assistiamo al gesticolare di cinque di loro. Fanno squadra ma hanno regole precise. Ognuno ha il suo territorio costituito da cinque o sei posti, che moltiplicati per la ventina di membri del piccolo team formano un patrimonio di oltre cento strisce blu da presidiare. Un regno che finisce in prossimità della cassa posta sulla rotonda al centro del parcheggio.
Confine che spesso gli automobilisti più ostinati ad arrendersi al pizzo superano. Col risultato di creare code e traffico sul lato orientale verso l’uscita di viuzzo del Pergolino. E’ qui infatti che è costretto a lasciare l’auto chi vuole sfuggire alle avances degli esattori e, in caso di mancato versamento, all’angoscia per lo stato di salute di carrozzeria e gomme. Un percorso che compiamo anche noi. Inutilmente, i posti davvero “liberi” sono già stati occupati. E così sugli oltre 400 parcheggi auto disponibili, finisce che gli automobilisti ne occupano tre quarti. Il resto è territorio di caccia degli abusivi.
“Capo, capo, vieni qui, mettila qui”. Dopo il secondo giro a vuoto, accettiamo il consiglio. Il nostro posteggiatore ci prende con le buone. “Mille euro” scherza sorridendo mentre alle spalle i colleghi si gettano su una macchina in arrivo. Gliene diamo uno in cambio di una storia.
Bocar, questo il suo nome, ha 34 anni portati su un metro e novanta di stazza. E venuto dal Senegal con l’aereo. Poca la voglia di parlare e tanta quella di volare sull’auto che sfreccia davanti a uno dei “suoi” posti. Una moglie e una bimba lo aspettano a Mboro, un villaggio a 100 chilometri da Dakar. “Non le vedo da due anni” dice. Gli extra del parcheggio gli permettono di guadagnare una quarantina di euro in più a fine giornata.
“Ma ormai sto qui tutto il giorno, devo consegnare i soldi”. A casa? Non ci risponde. Forse è così visto che un franco africano vale pochi centesimi di euro, forse i soldi vanno anche a chi gli permette di “lavorare” nel parcheggio di Careggi, vera gallina dalle uova d’oro. Del resto l’ultimo maxi blitz ad opera della Polizia Municipale durante il quale furono sequestrati 138 articoli risale al 23 febbraio del 2011 e a “vigilare sul parcheggio – aggiunge – non si vede nessuno dall’inizio dell’anno”.
La sua storia sbatte per un attimo contro quella di Franco, fiorentino di 59 anni che ha appena parcheggiato davanti a Bocar. Lui invece la moglie, una lungodegente terminale, la sta andando a trovare ormai da sette giorni, “gli ultimi – dice sconsolato – e ogni volta mi sono stati proposti accendini e chiesti soldi con insistenza. Questa – alza la voce indicando i parcheggiatori – è una tassa sul dolore delle persone. Scrivetelo che non si possono chiedere soldi a chi viene qui per trovare una moglie malata di cancro, lo dovete scrivere”.