CANONE RAI – Non pagarlo si può. Ecco come
Intervista al presidente di Aduc, Vincenzo Donvito, che ci spiega tutto sul canone Rai: da chi non è tenuto a pagarlo alla procedura da seguire fino alle possibili conseguenze per chi decide di non versare questa imposta
FIRENZE – Il cosiddetto “canone Rai” è forse una delle imposte più odiose, insieme all’Imu, che i contribuenti sono chiamati a versare. Viene considerato un abbonamento, ma nell’epoca delle pay-per-view è chiaro che una persona possa scegliere se abbonarsi o meno a un servizio. Nel caso del canone Rai, invece, l’abbonamento diventa una vera e propria imposta obbligatoria. E chi non la paga entra nella black-list dei piccoli evasori fiscali che spesso sono trattati alla stregua dei peggiori criminali o dei più grandi evasori. Se avete ricevuto delle lettere dal tono “minatorio” da parte della Rai, non vi preoccupate: sono solo a mero titolo informativo e non sono vincolanti, ma vi ricordano semplicemente che non siete in regola con i pagamenti di questa imposta. E, se qualcuno si presenta alla vostra porta, anche comportandosi in maniera poco simpatica, ricordatevi che nelle proprietà private non si può accedere senza un mandato della Magistratura e senza un invito di chi è in casa. Ma davvero tutti sono chiamati a pagare il canone Rai? Ne abbiamo parlato con il presidente nazionale dell’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori), Vincenzo Donvito.
Presidente, intanto cos’è l’Aduc?
«Come dice il nome, è un’associazione che tutela i diritti degli utenti e dei consumatori. Siamo una struttura non profit, non finanziata dallo Stato, anche contro tutti i finanziamenti pubblici. Diamo un servizio di informazione e consulenza ai cittadini utenti e consumatori che hanno bisogno del nostro servizio su tutto ciò che riguarda utenze e consumi, sia per quanto concerne di servizi forniti da pubblica autorità che da privati».
Cos’è il canone Rai? È giusto chiamarlo così?
«Secondo l’Antitrust e la Corte Costituzionale è giusto chiamarlo canone o abbonamento. Secondo la logica e ciò che ci hanno insegnato a scuola andrebbe chiamata “imposta” visto che si tratta di un’imposta per il possesso di un apparecchio televisivo indipendentemente dall’uso che se ne fa. Però, nonostante diversi ricorsi che abbiamo fatto per cercare di evitare questa confusione (perché tutti sappiamo che “canone” è qualcosa che qualcuno paga per aver scelto di usufruire di un servizio), siccome ormai è da tempo che tutti lo conoscono come canone o abbonamento, è bene che si continui a chiamare così. Cioè, il pesce si chiama carne e la carne si chiama pesce».
La Rai sta inviando delle lettere, dal tono intimidatorio, anche non per raccomandata, per sollecitare il pagamento del canone. È legittimata a farlo?
«L’invio delle lettere è legittimo se fatto da una Pubblica Autorità perché stiamo parlando di un’imposta. Chi non paga questa imposta dovendola pagare (e si paga per il possesso di un apparecchio televisivo e non per altro, con certe condizioni e certe caratteristiche che devono essere rilevate) è a tutti gli effetti un evasore fiscale e, naturalmente, si può arrivare fino al sequestro di beni o al fermo amministrativo di qualche mezzo di locomozione. La Rai funziona come sostituto d’imposta. Noi siamo abituati che le tasse le paghiamo al Fisco, all’Agenzia delle Entrate etc. La Rai è stata delegata dallo Stato a fungere come esattore di imposta per farsi pagare questa imposta che serve, appunto, per il servizio pubblico che loro svolgono. Per quanto concerne le lettere, queste sono sicuramente informative e non hanno alcun valore legale. Per capire il meccanismo, la Rai parte dal presupposto che chiunque abbia una residenza legale da qualche parte di conseguenza è un possessore di un apparecchio televisivo. Quindi, anche per un semplice cambio di residenza, oppure per una persona che decide di non abitare più con i propri genitori e decide di prendere un’altra residenza, attraverso i controlli periodici che vengono fatti alle anagrafi di tutti i Comuni italiani, la Rai invia la lettera a chiunque abbia una residenza e non risulti essere nei loro elenchi degli iscritti, ossia coloro che pagano questa imposta».
Ma le lettere informative spesso non sono molto trasparenti. Per esempio, non dicono che, se non si ha il televisore, non si è tenuti a pagare il canone…
«Diciamo che sono informative, ma siccome il meccanismo stesso di come viene pagata questa imposta, di come funziona l’esazione di questa imposta, è a livelli di inciviltà giuridica, di inciviltà giudiziale, ecco che di conseguenza tutte le informazioni che sono necessarie al cittadino per essere consapevole di dover essere o meno un contribuente di questa imposta non vengono fornite. Si rimanda al sito “Abbonamenti Rai” dove si può trovare questo tipo di informazioni nei capitoli più nascosti del sito».
Il canone deve essere pagato da chi possiede un televisore o comunque apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva. Quali sono questi apparecchi? Anche gli smartphone?
«La dizione viene lasciata volutamente generica proprio perché la Rai possa infierire ed esigere pagamenti da chiunque. Un paio di anni fa siamo riusciti a far mettere di punti sulle “i” grazie al Ministero delle Comunicazioni, oggi integrato nel Ministero dello Sviluppo Economico, perché la Rai cominciava ad esigere il pagamento anche per il possesso di un computer collegato alla rete web. Ma dopo un paio di anni di battaglie, il Ministero delle Comunicazioni ha stabilito che non si paga il canone Rai per il possesso di un personal computer, cosa che avrebbe penalizzato fortemente le aziende, le banche, oltre che i privati. Però rimane una legge di riferimento del 1938 che dice “apparecchi atti ed adattabili” e quindi in teoria potrebbero rifarsi su qualunque apparecchio. L’intervento del Ministero ha chiarito un po’ la vicenda per cui ci vuole proprio un apparecchio che sia fatto esclusivamente per la ricezione della televisione. Per esempio, prima anche un negozio in possesso di un monitor per le offerte commerciali in vetrina doveva pagare l’imposta, però se il monitor non è invece con dentro una scheda tv atta alla ricezione delle trasmissioni televisive, il cosiddetto canone non va pagato. Nonostante il chiarimento del Ministero, la Rai ha impostato l’ultima campagna sul fisco come se la comunicazione del Ministero non esistesse. Si diceva che si doveva pagare per il mero possesso. No, non è più vero perché quanto stabilito dal Ministero è stato molto esplicito».
Chi ha un televisore, ma non ha interesse a vedere i canali Rai, può non abbonarsi? Cosa deve fare per non pagare il canone?
«Assolutamente no. Non è possibile non abbonarsi se si è in possesso di un televisore. Chi ha una tv deve mettersi in regola pagando quanto dovuto. Per non pagare il canone è necessario disfarsi del televisore oppure suggellarlo, ossia impegnarsi a non utilizzarlo in alcun modo nella sua funzione di ricevitore del segnale televisivo, bensì di possederlo come mero ornamento della propria abitazione».
Che vuol dire suggellamento? Cosa comporta?
«Il termine è antico. All’origine, quando uno faceva richiesta di suggellamento, arrivava a casa un funzionario della Rai o addirittura un finanziere della Guardia di Finanza, poneva il televisore in un sacco di iuta e lo sigillava con la cera lacca rossa. Oggi questa operazione non avviene più, la minacciano così in termine folkloristico, ma oggi il suggellamento, come detto, è un impegno a non utilizzare il televisore e quindi chi richiede il suggellamento si impegna a non essere evasore fiscale».
Chi non ha un televisore e riceve le lettere che deve fare?
«Chi non ha un apparecchio televisivo e riceve le lettere non per raccomandata, le ignora semplicemente. Se, invece, arriva una raccomandata con ricevuta di ritorno, cioè un documento che in qualche modo presuppone che un proseguio dell’azione di accertamento da parte dell’Autorità, allora a quel punto si risponde alla Rai con una diffida: un’ulteriore raccomandata con ricevuta di ritorno in cui si dice sostanzialmente di non essere in possesso di un apparecchio televisivo, che quindi non si deve pagare, e si invita la Rai a non continuare a inviare tali richieste “altrimenti mi vedrò costretto a rivolgermi alle Autorità competenti”. Non c’è da stupirsi che chi non possieda un televisore riceva tali lettere perché, come detto, basta la residenza per far presumere di essere in possesso di un apparecchio televisivo».
In caso di comunicazione di non possesso di televisori oppure di suggellamento, cosa succede dopo? Si presenta un tecnico o un finanziere?
«È bene chiarire che nessuno può entrare in casa senza un mandato o senza che il padrone di casa faccia entrare di sua spontanea volontà chi suona il campanello, che sia l’ispettore inviato dalla Rai o uno della Guardia di Finanza. Gli ispettori sono meno di 100 in tutta Italia e alcuni bussano alla porta anche in maniera maleducata, incivile, minacciosa e cercano di entrare. Soprattutto cercano di far firmare dichiarazioni di aver fornito solo delle informazioni, ma che in realtà sono dichiarazioni sul possesso degli apparecchi televisivi. Siccome molti di questi lavorano a cottimo, sono incoraggiati a individuare chi non ha ancora pagato il canone: più ne individuano, più sono pagati. Così dicono anche balle gigantesche, come per esempio che bisogna pagare il canone per il possesso di un videotelefono. Mediamente riceviamo in tutta Italia almeno 10 segnalazioni al giorno, sia via web che per telefono.
Poi, comunque, può succedere che si venga convocati dalla Guardia di Finanza per comunicazioni che riguardano il contribuente sull’imposta della Rai e lì, naturalmente, bisogna presentarsi. Sono gli estremi tentativi della Rai nei confronti di chi non ha mai risposto alle lettere inviate. E lì si viene interrogati se sia in possesso o meno di un televisore. Però, anche in questo caso, nessuno viene a casa se non c’è un mandato. E, poi, dal punto di vista economico sarebbe più oneroso andare a controllare che non fare così».
Più in generale, un tecnico o un finanziere che suona al campanello può entrare in casa?
«In una proprietà privata, e quindi in casa, può entrare solo una persona munita di un mandato di un Magistrato per una perquisizione. Altrimenti non può entrare nessuno. Ma i Magistrati hanno cose ben più serie e ben più importanti da fare che non firmare mandati di perquisizione per cose del genere».
Che ne pensa dell’apertura del Parlamento Europeo alla petizione sull’abolizione del canone?
«Intanto c’è da dire che l’Europa non ha detto “sì” alla petizione, come sostenuto dalla Lega Nord, ma ha detto che la petizione può essere accolta. Ossia, esaminiamo quello che voi avete scritto nella petizione. Comunque è già un passo avanti. Era ovvio, comunque, che a livello di Comunità Europea arrivasse una risposta del genere perché il comportamento di tutti i Paesi membri dell’Ue non è identico per quanto riguarda il pagamento degli oneri del servizio pubblico televisivo».
Chi volesse maggiori informazioni che deve fare?
«Sul sito dell’Aduc c’è un canale specifico sul canone Rai. Li si può trovare di tutto, dalle spiegazioni agli ultimi aggiornamenti, dalla modulistica per diffide e suggellamenti ai nostri consigli. Ci sono anche le lettere dei consumatori che riceviamo con le nostre risposte».