CALCIO – Serbia-Albania, colpa dell’Uefa
L’opinione del direttore
FIRENZE – Martedì sera ho avuto modo di seguire in diretta e soprattutto da vicino Serbia-Albania. Una partita in cui ha giocato un toscano, l’empolese (ma nato a Scutari, in Albania), Elseid Hysaj. Che non fosse una partita facile, soprattutto per motivi che col calcio non hanno assolutamente alcunché a che fare, era noto a tutti meno che all’Uefa, che ha vietato a Spagna e Gibilterra di potersi incontrare durante il percorso di qualificazione a Euro2016, ma non alle Nazionali di Serbia e Albania. È davvero strano che l’Uefa non abbia tenuto conto che soprattutto le ferite per il Kosovo sono ancora aperte e molto lontane dal rimarginarsi. Non nascondo che sono rimasto stupito nel leggere su molti giornali che il motivo del caos durante Serbia-Albania andava da ricercarsi quasi esclusivamente nel drone con la bandiera dell’Albania etnica, quella degli autoctoni e che non comprende soltanto Albania e Kosovo, ma anche altre zone attualmente sotto l’amministrazione macedone e greca. Relegare quanto successo martedì sera al semplice drone non solo è assolutamente sbagliato, ma è soprattutto sinonimo di disinformazione. Serbia-Albania è stata accompagnata sin dal sorteggio dei gironi di qualificazioni da una campagna mediatica incentrata all’odio razziale. Già dal momento dell’arrivo all’aeroporto di Belgrado, lo staff albanese ha dovuto fare i conti con prepotenze e pressioni. L’albergo in cui risiedeva la Nazionale del Paese delle Aquile era praticamente sotto assedio, con centinaia di poliziotti in assetto da guerra che difendevano il perimetro. E possiamo immaginare quanto sia difficile preparare una partita in un clima del genere.
Nei giorni antecedenti al match, la Serbia prima aveva disposto che al match potessero assistere i soli albanesi residenti in Albania (gara proibita, quindi, ai kosovari, agli albanesi di Macedonia e ai milioni di albanesi sparsi nel mondo), poi, però, ha esteso il divieto di partecipazione all’evento a tutti gli albanesi. Soltanto pochissimi fortunati (circa duecento) sono riusciti a entrare allo stadio Partizan, ma con un diktat delle autorità serbe: niente bandiere, niente stemmi inneggianti all’Albania pena l’arresto immediato e il processo per direttissima. Una cosa inaudita sulla quale l’Uefa non può fare finta di niente. Le uniche bandiere albanesi presenti allo stadio erano quelle portate dai tifosi (???) serbi e bruciate, nonostante la Uefa e la Fifa lo proibiscano; quelle usate per la cerimonia durante gli inni nazionali, quella esposta (e poi nascosta) accanto a quelle della Serbia, della Fifa, dell’Uefa, del rispetto contro il razzismo (!!!) e delle qualificazioni europee (si veda la foto a sinistra); una bandiera portata da un giornalista albanese. E, a proposito dei colleghi albanesi, a loro va la mia totale solidarietà per le aggressioni subite in tribuna stampa durante il match attraverso lanci di materiale contundente.
Sin da prima del fischio d’inizio, i supporters della Serbia (che avevano bruciato anche la bandiera della Nato di cui l’Albania fa parte dal 2009 e in cui la Serbia è stata invitata a entrare quando lo riterrà opportuno – foto a destra) avevano cominciato a bruciare le bandiere Kuq e Zi (rossonere) con l’aquila a due teste e durante l’arco della partita non hanno fatto mancare il coro “Ubij, ubij Siptar”, che tradotto dal serbo significa “Uccidiamo, uccidiamo gli albanesi”. E, ben prima dell’arrivo del drone, i serbi cantano “Uccidi, elimina l’albanese affinché non ne rimangano più” (vedi video qui sotto). Al momento degli inni, quello albanese è stato subissato di fischi nonostante i giocatori provassero a cantarlo a squarciagola. Durante tutto l’arco del match in campo è piovuto di tutto, dai petardi ai bengala passando ai fumogeni. Un petardo, inoltre, è pure scoppiato a poca distanza da un giocatore della Nazionale diretta da De Biasi, il mancino Agolli, tanto che l’arbitro Atkinson aveva dovuto sospendere il match per qualche istante.
A chi crede che la politica sia entrata in campo col drone, vorrei anche far presente che sono stati inquadrati sin dall’inizio del match striscioni e bandiere con la scritta (in serbo) “Kosovo è Serbia” e risulterebbero esserci stati anche alcuni striscioni contro la Bosnia e la Croazia. In un clima da guerra, in cui è stata preclusa la partita a quasi tutti i tifosi dell’Albania, molti dei quali già in possesso del biglietto per la gara, sembra che l’unico problema sia un drone con una bandiera telecomandato da un ragazzo. Una risposta alle autorità serbe che avevano negato l’accesso allo stadio soprattutto ai kosovari. Un fatto che non sarebbe mai accaduto se fosse stato permesso ai tifosi albanesi di seguire i propri beniamini. Rimango basito dalle dichiarazioni di Michel Platini per il quale il drone avrebbe potuto contenere una bomba. Forse Platini ha visto troppi film d’azione ultimamente, ma le sue dichiarazioni sono totalmente fuori luogo. Anzi, al contrario dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e rassegnare immediatamente le dimissioni dato che ha permesso a Serbia e Albania di affrontarsi nello stesso girone di qualificazione.
Ma, poi, la cosa che più mi lascia basito è che si faccia finta di non vedere che al 41’, quando è stata sospesa la partita, il direttore di gara Atkinson l’aveva fermata per gli scontri sugli spalti tra tifoseria serba e forze dell’ordine e per il continuo lancio di fumogeni e bengala, tanto da far intervenire un pompiere. Solo dopo circa un minuto la regia serba ha mostrato la presenza del drone e dubito che la regia, che trasmette in mondovisione, per quasi un minuto e mezzo dall’inizio dei tumulti in tribuna non si sia accorta della presenza dell’oggetto volante preso come giustificazione alle violenze serbe.
Quella del 41’ era già la seconda sospensione, sempre per i disordini provocati dal pubblico di casa, già noto al mondo intero per i fatti di Genova nel 2010 prima, durante e dopo Italia-Serbia. L’altra era avvenuta nel corso del 36’ quando un petardo era scoppiato vicino a Agolli e molti oggetti contundenti piovevano sull’esterno albanese e sul guardalinee. I giocatori serbi Lazovic e Kolarov erano andati a calmare i tifosi, mentre sia il giocatore albanese che il guardalinee si allontanavano. Dopo circa 40 secondi di sospensione e l’intervento dello speaker, la partita ha potuto riprendere, ma il lancio di oggetti proseguiva tanto che lo speaker, un paio di minuti dopo, ha dovuto ripetere il messaggio.
Sinceramente, mi fanno sorridere le dichiarazioni dei giocatori serbi (su suggerimento della federazione greca, non propriamente amica degli albanesi…) per i quali l’aver fermato il drone serviva per far ripartire il match. Se davvero i giocatori serbi avessero voluto fermare il drone semplicemente per riprendere a giocare, avrebbero dovuto far intervenire i giocatori albanesi, invitando il capitano Cana a prendere la bandiera, e non a strapparla in maniera veemente come ha fatto Mitrovic. E, a proposito della rissa, non ho ancora letto parole di condanna nei confronti di chi ha aperto i cancelli fuori e dentro lo stadio permettendo ai teppisti di invadere il terreno di gioco per dare la caccia agli albanesi. Alcuni di questi hanno colpito con panchetti i giocatori ospiti, i quali sono stati picchiati anche da alcuni tesserati serbi mentre correvano verso il tunnel per poi essere manganellati dalla polizia. Nessuno condanna lo steward che picchiava Cana, intervenuto a difesa di Balaj, e che aveva messo a terra lo pseudotifoso serbo che aveva colpito l’attaccante albanese con un panchetto. Nessuno fa notare che in un Paese civile uno come Ivan “il Terribile” Bogdanov in uno stadio non ci avrebbe più rimesso piede fino alla fine dei suoi giorni.
No, tutti a condannare un semplice gesto dimostrativo di un ragazzino (non del fratello del premier albanese, come comunicato falsamente dalla stampa serba per alimentare il clima di tensione), magari azzardato, che ha introdotto in maniera del tutto insolita una bandiera albanese in uno stadio durante una partita dell’Albania visto che le autorità della Nazionale ospitante l’avevano vietato. Tutte le violenze fisiche e psicologiche perpetrate dai serbi nei giorni antecedenti e durante la partita, a quanto pare, passano in secondo piano davanti a un drone con una bandiera, e non con una bomba. Ma la bomba l’ha innescata la Uefa che comunque, se fosse un organo serio, data la recidività della tifoseria più calda serba dopo i fatti di Genova (e non solo), squalificherebbe la Serbia per almeno cinque anni. Il tempo per riorganizzarsi e prendere duri provvedimenti contro i violenti. Tra tanti violenti, allo stadio del Partizan c’erano anche tantissimi semplici tifosi serbi, disgustati non dal drone, ma dalle violenze che hanno accompagnato una intera partita di calcio e tutto ciò che la circondava, rovinando una serata di sport.
Ma si sa: anche nel calcio conta la politica e la Serbia ha più amici dell’Albania. Soprattutto, ce li hanno Danimarca e Portogallo che, da un’eventuale sconfitta a tavolino albanese, hanno tutto da guadagnare visto che sono costretti a inseguire gli uomini di De Biasi. Non a caso lo staff rossonero ha chiesto a tutti gli albanesi di farsi sentire sui social network attraverso l’hashtag #SerbiaAlbaniaTheTruth dove sono raccolti tutti i fatti accaduti martedì. Fatti che non devono più succedere e sui quali l’Uefa sta indagando, nonostante sia la principale colpevole. Addirittura, per l’Uefa i giocatori dell’Albania, dopo aver subito le pressioni psicologiche e il pestaggio da parte dei tifosi e delle forze dell’ordine serbi, avrebbero dovuto continuare la partita. Il rischio è che tutto si trasformi in una farsa, condannando entrambe le Nazionali. Una sentenza, questa, che legittimerebbe l’uso della violenza negli stadi e che trasformerebbe i vari “respect” e “no to racism” in meri slogan propagandistici.
I fatti di cronaca principali:
12’40”, Lila è a terra dopo una pallonata al volto, si sente il rumore dello scoppio di un grosso petardo.
14’29”, primo lancio di fumogeni sul terreno di gioco da parte dei sostenitori serbi.
24’33”, issata bandiera della Grecia chiaramente in chiave anti-albanese.
35’11”, alcuni fumogeni vengono lanciati verso il giocatore albanese Agolli in procinto di battere un calcio d’angolo. Un petardo scoppia proprio lì vicino. Alcuni oggetti sfiorano il calciatore e l’assistente dell’arbitro. Atkinson sospende la partita per alcuni istanti. Lazovic e Kolarov vanno a calmare i tifosi, mentre sia il giocatore albanese che il guardalinee si allontanano. Dopo 40 secondi di sospensione e l’intervento dello speaker, la partita riprende. Un paio di minuti dopo, lo speaker invita nuovamente a non lanciare oggetti in campo.
40’45”, viene lanciata una bottiglietta in direzione di Balaj.
40’58”, i “tifosi” più caldi della Serbia tentano di invadere il campo. Sono contenuti a malapena dal servizio d’ordine. Nascono scontri con la polizia e gli steward.
41’09”, lanciato un bengala in campo.
41’13”, arriva un altro fumogeno, l’arbitro Atkinson indica il bengala e il fumogeno e sospende momentaneamente la partita.
41’16”, l’arbitro Atkinson chiede l’intervento dei pompieri per il bengala.
41’57”, viene ripreso per la prima volta il drone, ma i tifosi serbi già da qualche minuto avevano cominciato a lanciare di tutto in campo, intensificando il lancio da oltre un minuto. Possibile che la regia serba in questo lasso di tempo non si sia accorta del drone? O più semplicemente il drone è comparso ben dopo l’inizio dei disordini?
Poco prima del 45’, Atkinson manda tutti negli spogliatoi dove i giocatori albanesi verranno pestati.
Le principali immagini di Serbia-Albania: