Toscana dei diritti, guerra e pace i temi al centro del meeting con le scuole
Guerra e guerre. E’ la rotta scelta per la ventiseiesima edizione del “Meeting dei Diritti Umani” della Toscana. Tre ore oggi a tu per tu con più di undicimila studenti delle superiori: quattrocento ad affollare il Teatro della Compagnia in via Cavour a Firenze, sempre attenti, e gli altri 11 mila e passa collegati dalle aule da tutte le province della Toscana, 104 scuole e 546 classi.
Un viaggio tra i conflitti che affliggono il mondo, anche quelli di cui nessuno scrive e che vanno avanti da anni nell’indifferenza generale. Un viaggio soprattutto per la pace, che in un mondo normale dovrebbe essere come l’aria che si respira. Scontata ed essenziale. Da ricercare. Una scelta semplice. Ma così non è.
La guerra è una di quelle cosa da “non fare mai”: lo scriveva Gianni Rodari in una poesia, “Promemoria”, pensata come tutta la sua produzione per i bambini. Ce lo ricorda Bachir, due occhi dolci incornicati da un paio di occhiali.
Bachir – il nome all’anagrafe sarebbe molto più lungo, ma tutti lo chiamano così – ha nove anni ed è un bambino saharawi, il popolo costretto dal 1975 all’esilio nel deserto algerino in Africa. Non ci vedeva. Quando è arrivato in Italia e in Toscana nel 2018 è stata operato al Meyer di Firenze ed ora, almeno da un occhio, ha recuperato parzialmente la vista. In Toscana è stato curato anche per altre patologie.
“Ci sono cose da fare di giorno, come studiare, giocare o lavarsi. Ci sono cose da fare la notte, come dormire e sognare. E ci sono cose fa non fare mai: come la guerra”, da ripudiare. Semplice no? Il complicato è farlo capire ai grandi.
Con Bachir – e con il video del compianto Gino Strada, il medico e presidente di Emergency – si apre il meeting. Ma con Bachir, piccolo ambasciatore di pace, si chiude pure l’iniziativa. Con un’altra poesia di Rodari recitata a memoria, mentre l’attrice Gaia Nanni gli stringe la mano dandogli coraggio: “Dopo la pioggia viene il sereno e brilla in cielo l’arcobaleno … ma un arcobaleno senza tempesta, questa sì che sarebbe una festa. Sarebbe una festa per tutta la terra fare la pace prima della guerra”.
Dalle nove e mezzo della mattina fino a mezzogiorno e mezzo intervengono e parlano in tanti sul palco del cinema e teatro fiorentino. Si ricorda con un applauso un dipendente della Regione, Nicola Zeloni, che per anni ha disegnato le grafiche del meeting e scomparso troppo presto. Scorrono le immagini dell’iniziativa per le donne e il popolo iraniano che la Regione ha organizzato pochi giorni fa in piazza Duomo.
L’assessora regionale ai diritti umani Alessandra Nardini cita Brecht: “Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare”. Parla, con la voce di Gaia Nanni, la scrittrice ed artista Ljudmila Petrusevskaja: russa dissidente contro la guerra in Ucraina, che non si riconosce in quello che sta accadendo e ci mette senza paura la faccia.
Si parla di tante guerre: quella silenziosa, ad esempio, che si combatte nel Congo africano per i minerali senza cui non si potrebbero produrre i componenti di cellulari ed altri apparecchi elettronici. Della guerra che c’è stata nelle ex Yugoslavia meno di trenta anni fa e del dramma di Sebrenica. Del genocidio dei Tutsi in Ruanda. Di una degli stermini e guerre in corso più cruenti al mondo, come quella in Etiopia, che nessun giornalista internazionale è lì a raccontare.
Sono cinquantove i conflitti nel mondo in corso in questo momento, ricorda il sindaco di Firenze Nardella: trentuno guerre, di cui venticinque solo in Africa, e più di venti situazioni di crisi, precisano i giornalisti dell’Atlante delle guerre, che girano le scuole per far aprire gli occhi ai ragazzi – sempre interessati, testimoniano – sul mondo dove vivono e dove la guerra sembra sempre qualcosa di lontano ma non è così. Si parla anche delle guerre economiche, che non si combattono con i cannoni ma generano ugualmente vittime. Si parla i quello che è successo nella Prima e Seconda Guerra mondiale. Tante storie e voci, nel tempo e nello spazio, fino a ridosso dei confini italiani.
La scuola, concordano tutti, è fondamentale per costuire coscienze critiche: ma deve essere una scuola che con coraggio si apre al mondo e alla storia anche contemporanea. Lo ripete anche il giovane portavoce del presidente Giani, Bernard Dika.
“La pace si costruisce con la forza degli organismi internazionali, rinunciando anche a pezzi di sovranità perché è l’unica scelta per combattere la guerra – avverte il cardinale di Bologna Zuppi, presidente della Cei – Ma attenti a svuotare i diritti del loro significato originario, snaturandoli, ed attenti ai diritti solo enunciati e non garantiti”.
Ottantacinque milioni di persone ogni giorno scappano da guerre e carestie. “L’articolo 11 della Costituzione italiana non ripudia solo guerra: ci invita ad agire per la pace e la giustizia – rimarca il sindaco Nardella – . Ma non ci può essere pace e giustizia se le nazioni si fanno guerra, se si costruiscono muri e non si trova un accordo per risolvere il problema dell’immigrazione. Non ci può essere pace e giustizia senza solidarietà”.
Le ragazze e ragazzi dell’istituto Ferraris Brunelleschi di Empoli irrompono sul palco con monologhi e pieces teatrali: anche un rap a cappella. Da Kherson in Ucraina, città liberata dove continuano a cadere missili e dove si muore (anche ieri) passeggiando dopo aver fatto la spesa, si collega in video, non senza qualche difficoltà, il fotoreporter di Santa Croce sull’Arno Alfredo Bosco. Racconta un’Ucraina dove la vita è ancora sospesa. Ma raccontare e tenere un riflettore acceso è importante: perché la conoscenza sviluppa attenzione e rende più difficile girarsi dall’altra parte.
Interviene Yelena Gregorian, docente universitaria di trentanove anni, medico, fuggita da Kharkiv con madre e figlia e che ha scelto di scappare quando ha visto volare i caccia sopra la propria casa. Ora si trova a Pisa, ospite dell’ateneo. Snocciola i numeri di una guerra atroce: 500 bambini morti da febbraio 2022 e più di ottocento feriti, otto milioni di profughi in un paese che contava quaranta milioni di residenti prima del conflitto. “Una guerra iniziata molti anni prima – ricorda Alessandro Martini, sul palco a rappresentare la Caritas Toscana e l’importanza del volontariato nell’accoglienza – Un conflitto cresciuto per il coraggio mancato di mediare su dispute di confine”.
Sfila sul grande schermo alle spalle del palco il quadro di Guernica di Picasso, uno dei dipinti più famosi al mondo: un manifesto, dipinto nel 1937, contro la crudeltà della guerra. C’è spazio anche per l’interazione in rete con l’app Mentimeter, utilizzata già da tre anni nelle edizioni del meetinge attraverso cui gli studenti rispondono alle domande e fanno sentire la loro voce.
Sul palco anche i rappresentanti di Rondine Cittadella della pace, il borgo aretino dello studentato internazionale che ci ricorda come la pace si costruisca con gesti quotidiani e che, fin quando nel cosiddetto nemico non riconosci una persona, guerre e conflitti continueranno a covare sotto la cenere. Proseguono letture e citazioni. Sulla frontiera ad esempio: “per molti è sinonimo di impazienza, per altri di terrore, per altri ancora coincide con gli argini di un fortino che si vuole difendere. (…) La frontiera corre sempre nel mezzo: di qua c’è il mondo di prima, di là c’è quello che deve ancora venire.
Si chiude il meeting e a portare i saluti del presidente Giani, impegnato in riunioni a Roma, è la sua capo di gabinetto Cristina Manetti: “La Toscana è terra di diritti, la prima ad abolire la pena di morte 236 anni fa e quindi non può che essere in prima fila anche oggi per ribadire no alla guerra. E l’iniziativa di oggi, che si ripete da ventisei anni, è un momento importante di confronto e partecipazione per fornire spunti e stimoli a ragazze e ragazzi”. e che forse non arriverà mai”. La frontiera per cui si combattono le guerra. La frontiera dei migranti che fuggono e cercano casa altrove. erdi e neri, pantaloni a scacchi e la capacità di strappare un applauso e generare empatia appena sale sul palco e recita quei versi.