Consiglio regionale: cooperazione di comunità, c’è la nuova legge della Toscana
“Una proposta di legge che ha come riferimento fondamentale la ‘sharing economy’, intesa come economia collaborativa, circolare e del riuso e che interviene a modificare le norme per la promozione e sviluppo del sistema cooperativo in Toscana”. Cosi il presidente della commissione Affari istituzionali, Giacomo Bugliani (Pd) ha sintetizzato il testo che il Consiglio regionale ha approvato con voto unanime.
La norma, ha precisato, coglie l’entità e la dimensione dei patrimoni culturali che si vogliono preservare, facendo riferimento alle risorse territoriali, le competenze, le vocazioni e le tradizioni culturali di alcuni particolari tipologie di comunità locali. Sono quelle che si trovano nelle aree montane, nelle aree interne o a rischio di spopolamento, oppure in zone caratterizzate da condizioni di accentuato disagio socio-economico e di criticità ambientale, ma anche le aree metropolitane o le periferie urbane a minore accessibilità sociale, economica e di mercato.
Bugliani ha sottolineato come le cooperative di comunità siano meglio definite in riferimento all’articolo 2511 e seguenti del codice civile, iscritte nel relativo Albo delle cooperative, e siano costituite con l’obiettivo di soddisfare i bisogni della comunità locale in cui operano, migliorandone la qualità sociale ed economica della vita. Le attività che le caratterizzano sono quelle socio economiche eco-sostenibili, recupero di beni ambientali e monumentali, creazione di offerta di lavoro. Possono diventare soci tutti i soggetti previsti dalla normativa nazionale che appartengono alla comunità interessata e coloro che la sovvenzionano o che operano con essa, eleggendola come propria. Oltre alle persone fisiche, quindi, anche le organizzazioni del terzo settore che hanno sede legale nella comunità interessata e che dichiarano espressamente di svolgere in maniera prevalente le loro attività nei confronti della comunità stessa.
Per valorizzare determinate zone del territorio urbano o extraurbano, sulla base di una specifica proposta presentata dalle cooperative stesse, può essere concesso l’utilizzo di aree e di beni immobili inutilizzati, per il loro recupero e riuso con finalità di interesse generale. Enti locali, aziende ed enti del servizio sanitario regionale hanno così la possibilità concreta di valorizzare beni e aree mediante il conferimento degli stessi alle cooperative di comunità. Il presidente Bugliani ha concluso il suo intervento sottolineando il voto unanime della commissione sulla proposta di legge, che prevede uno stanziamento di 740mila euro per l’anno 2020.
Voto a favore è stato dichiarato da Gabriele Bianchi (M5S), che è vicepresidente della prima commissione. Il consigliere ha chiesto attenzione verso le realtà che si svilupperanno per tornare a vivere nelle aree montane, non sempre oggetto di politiche univoche per il loro rafforzamento.
“Non possiamo che prendere atto di come funzionano le cooperative di comunità nelle aree montane e insulari”, ha osservato Marco Casucci (Lega). “Si è svolto – ha continuato – un interessante confronto in commissione che ha consentito di allargare la platea dei soggetti interessati alle persone giuridiche e ribadire il necessario allargamento alle attività culturali. Continuiamo a nutrire molti dubbi che quello che ha funzionato nelle aree montane e insulari possa essere utile anche alle zone metropolitane”.
“A fronte di situazioni di disagio, di rischio di spopolamento, di gravi crisi demografica, sociale ed economica, si invita la Toscana a dare il meglio di sé”, ha affermato Massimo Baldi (Pd). “Non c’è dubbio che se questa terra ha mostrato qualità e capacità di iniziativa e concorrenzialità lo deve allo spirito di collaborazione. Molti economisti – ha continuato – stanno recuperando il modello cooperative come unico possibile di impresa moderna, che coniuga vocazione e socializzazione dei benefici e dei valori aggiunti sociali”. A suo giudizio si permette giustamente ai soggetti del terzo settore di far parte delle comunità e si allarga alle realtà urbane come una sfida da mettere in campo.
“Le cooperative di comunità sono un’alternativa all’impresa capitalistica tradizionale, ma anche all’impresa pubblica e alla stessa pubblica amministrazione”, ha osservato Tommaso Fattori (Sì-Toscana a sinistra). “Si fonda su due pilastri: la partecipazione della società civile e della comunità stessa, alla gestione e produzione di beni e servizi, unita all’interesse generale”. A suo giudizio ci sono già realtà che nascono dal basso, non solo nelle aree montane ma anche nelle aree urbane caratterizzate da marginalità sociale, che meritano di essere valorizzate. Per questo, il capogruppo ha dichiarato il voto favorevole di Sì-Toscana a sinistra, chiedendo di poter continuare il tavolo di lavoro sui beni comuni, per “evitare il rischio che incentivare l’autorganizzazione virtuosa a livello locale serva a supplire al progressivo deterioramento dei servizi pubblici”.
“È bene che la cooperazione di comunità entri a pieno titolo nella programmazione regionale. È bene che concorra all’utilizzo dei beni e degli immobili demaniali nella nostra regione, perché nelle aree montane possono svolgere un ruolo importante per scongiurare fenomeni di abbandono”, ha affermato Marco Niccolai (Pd). “Possono svolgere – ha continuato – un ruolo positivo anche nelle aree periferiche dei nostri centri urbani, con esigenze diverse rispetto alle aree montane, nell’ottica di valorizzazione della partecipazione dei cittadini”.
“Voglio esprimere il mio apprezzamento alla Giunta e all’assessore Vittorio Bugli, non solo per la qualità del lavoro svolto, ma anche per la vicinanza continua che c’è stata alle realtà che si sono misurate con questa esperienza”, ha sottolineato Simone Bezzini (Pd). “Questo è un terreno di innovazione economica e sociale che abbiamo promosso nelle aree interne e nei piccolo centri”. C’è, per il consigliere, il “valore economico, e della coesione sociale”.
“È una delle migliori innovazioni politiche e legislative di questo mandato”, ha affermato Stefano Scaramelli (Italia Viva). “È una esperienza sulla quale la Toscana avvia una sperimentazione che parte dal basso e sulla quale dobbiamo misurare la qualità della vita delle persone in ambito rurale. Le stesse opportunità, indipendentemente da dove si abita, devono essere garantite a tutti. È una questione di civiltà. È una sfida alla quale una coalizione di sinistra non può che tenere molto”, ha dichiarato.
Voto favorevole è stato dichiarato da Andrea Quartini (M5S). A suo parere l’intervento sulle periferie delle aree urbane è assolutamente fondamentale. “Le stime ci dicono che nel giro dei prossimi venti anni, in Italia, il settanta per cento della popolazione potrebbe vivere in aree urbane o suburbane. Questo determinerà una perdita anche delle nostre culture e tradizioni”. “La valorizzazione delle periferie – ha continuato – deve essere un punto centrale delle politiche per invertire questa tendenza. È un segnale di rispetto, ma ha anche un grande significato in termini ecologici”. A suo parere, possono infatti essere valorizzate anche le filiere corte, ma soprattutto possono essere attivati progetti per la qualità della salute. “Le periferie vanno però valorizzate anche in termini di infrastrutture e servizi”, ha aggiunto. “È intollerabile che le tariffe dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia siano più alte. Occorrono servizi sanitari di prossimità adeguati e una fiscalità non penalizzante”,
“Nelle aziende e nelle istituzioni che fanno innovazione vera, ci sono i geni, gli scienziati, persone che guardano avanti, ma non fanno la differenza. La differenza è data dalla capacità di far confrontare queste competenze, metterle intorno a un tavolo e discutere. Da qui nasce una progettualità nuova e diversa. Perchè non fare lo stesso per la vita sociale, che può essere anche innovazione economica per il nostro territorio?”. Così l’assessore Vittorio Bugli ha iniziato il suo intervento, sottolineando che la Regione Toscana da anni, fine 2016 e inizio 2017, sta portando avanti politiche di innovazione che riguardano la collaborazione (‘pooling’). Da queste esperienze è nato il Libro verde della collaborazione toscana, punto di riferimento per le future sperimentazioni. L’assessore ha ricordato che proprio nel corso di numerosi incontri che seguirono venne alla luce l’esperienza di Monticchiello, “una cooperativa, un soggetto economico, con un bilancio che deve chiudersi in pareggio – ha precisato – ma che svolge servizi per un’intera comunità e vi partecipa”. Da qui nacque un primo bando, con ben trenta adesioni, soprattutto fra giovani e donne, che, acquisite certe competenze, non si rassegnavano ad abbandonare i luoghi dove erano nati e giocavano, e giocano, una sfida per fare un’attività non di secondo livello. “I venticinque ‘motori pensanti’ nati sul territorio possono essere preziosi per dare una mano a quei sindaci, che non hanno più nemmeno lo stradino per tappare le buche sulle strade – ha affermato l’assessore – Possono pensare a progettualità ulteriori, in agricoltura o nel turismo, in grado di intercettare finanziamenti, come i fondi europei, che il piccolo comune non è in grado di utilizzare senza la loro presenza”.
“Nella legge mettiamo a disposizione delle cooperative i beni comuni – ha concluso l’assessore – Portiamo inoltre questa esperienza nelle periferie. Il tema della sicurezza può essere visto come bisogno di riqualificazione in un luogo, che ha una fragilità non diversa dal borgo abbandonato”.
Nel corso della votazione dell’articolato, il Consiglio ha approvato l’emendamento proposto dal gruppo della Lega, primo firmatario Marco Casucci, che all’articolo 3 introduce specificazione che le cooperative di comunità possono soddisfare i bisogni della comunità anche con le attività culturali. Approvato anche l’emendamento dell’assessore Vittorio Bugli, che introduce l’articolo 3bis, con il quale si definiscono alcuni aspetti tecnici di coordinamento delle disposizioni contenute nella normativa.