SANSEPOLCRO (AR) – Una grande tela per chiudere il Millenario
Una grande tela per chiudere il Millenario di Sansepolcro. L’opera d’arte realizzata da Stefano Camaiti resterà visibile all’interno delle sale del vescovado biturgense, assieme a 47 bozzetti preparatori
Un quadro per raccontare mille anni di storia. Un’opera d’arte per racchiudere il passato, ma anche il futuro di una comunità. Così la Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro ha deciso di chiudere il Millenario del Duomo e della Città biturgensi, con una grande tela realizzata da Stefano Camaiti. Il lavoro è stato presentato al pubblico lunedì 15 luglio, nelle sale del Palazzo Vescovile di Sansepolcro. “Chiesa, costruzione d’anime” è il titolo scelto per l’allestimento, curato da Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio Arte sacra della Diocesi, assieme all’architetto Andrea Gori. Accanto al grande quadro, vengono presentati anche 47 bozzetti preparatori. L’esposizione resterà visibile fino a domenica 1° settembre, all’interno del vescovado biturgense.
L’artista nato a Pieve S.Stefano, già autore del logo che ha caratterizzato i festeggiamenti del Millenario, si cimenta ora in un’opera ancora più complessa. Il punto di partenza del grande pastello sono ancora loro: Arcano ed Egidio. I due pellegrini che, di ritorno dalla Terra Santa, avrebbero sostato nei pressi di una sorgente d’acqua e lì avrebbero fondato un oratorio dove custodire le reliquie del Santo Sepolcro. Questa volta però, Camaiti ha deciso di spiazzare tutti. Nel grande quadro del Millenario, i due Santi fondatori del Borgo sono rappresentati con delle vesti inedite. Grazie alla fantasia e all’estro dell’artista valtiberino, i due diventano pellegrini moderni, come ne possiamo vedere tanti lungo le nostre strade; dialogano di fronte alla pianta della Città, bagnata da una sorgente posta sulle antiche rovine, reminescenze della primigenia abbazia. La costruzione materiale dell’edificio sacro è però già avvenuta; resta da tracciare la storia spirituale per i prossimi mille anni. L’estremità inferiore del bastone del pellegrino è puntata sulla fortezza di Sansepolcro, riferimento simbolico alle virtù cardinali in legame alle virtù umane e all’esistenza dedicata al bene a alla scelta dei mezzi adeguati per compierlo.
In secondo piano, uomini di diverse etnie collaborano per mezzo della dignità del lavoro, alla costruzione della Cattedrale in pieno spirito di giustizia e pace. Le figure in lontananza, muovendosi sopra un’ideale impalcatura, simboleggiano le pietre vive della chiesa, nella quale ciascuno di noi ha un compito assegnato. A sinistra, s’intravede la porta d’ingresso della Cattedrale, che identifica la chiesa locale e terrena; sul lato opposto un arco segna il passaggio dell’anima, verso la Gerusalemme celeste.
“Questo Millenario – spiega l’arcivescovo Riccardo Fontana – ci ha consentito di guardare indietro per recuperare la consapevolezza degli ideali di giustizia e pace, ma anche di chiederci quanto sia rimasto della piccola Gerusalemme sul Tevere, sognata dai due pellegrini fondatori, nel sentire comune del nostro popolo. La sfida è ora quella di rilanciare, alla generazione giovane, un progetto d’identità cristiana”.
“Quello intrapreso in questi anni – evidenzia Stefano Camaiti, autore della tela – non è stato solo un percorso artistico, ma anche di fede. Realizzare questo tipo di lavoro è stata una grande responsabilità, soprattutto per quello che l’opera rappresenta”.
Questo, invece, il commento di Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio Arte Sacra della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro:
“Consapevole e abile interprete della ricca tradizione pittorica novecentesca, Camaiti sembra evocare – in questo suo grande pastello – la monumentalità e la potenza narrativa della pittura murale di impronta sociale e popolare, nata con i grandi muralisti messicani e poi diffusasi anche in Europa. E se il giganteggiare delle figure in primo piano chiama in causa l’autorevolezza della tradizione rinascimentale (così come anche l’arco romano in rovina, traccia tipica dell’iconografia cristiana, e simboleggiante la civiltà pagana in declino, si pensi all’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci agli Uffizi), la luminosità dei colori, di quei gialli e di quei verdi squillanti, e la fitta trama delle impalcature che ‘salgono’ e si perdono nell’orizzonte non possono non richiamarci i vorticosi cantieri futuristi di Umberto Boccioni”.
fonte: Diocesi di Arezzo