Made in Italy: all’estero ha ancora successo?

Quando vogliamo definire un prodotto di qualità subito diciamo “è Made in Italy!”. Questa frase di uso comune non significa solo che un bene è stato prodotto o fabbricato in Italia, bensì è qualcosa di molto più profondo, che ha una storia e delle normative specifiche.

Il Made in Italy, infatti, è un marchio nato intorno al secondo dopoguerra che indica l’origine di un prodotto o una confezione e certifica che quel determinato bene sia stato prodotto in Italia. Ciò è importante per consentire al consumatore di fare la propria scelta ed essere sicuro di aver acquistato qualità e lusso.

Nel contesto attuale, il Made in Italy, una volta sigillo di prestigio e qualità riconosciuto in tutto il mondo, sembra affrontare una parabola discendente, e di questo parla diffusamente anche l’articolo su Winemeridian.com, rivista online attiva in un settore – quello del vino – in cui questo marchio ha una certa importanza. I cambiamenti nei modelli di produzione globale, la concorrenza sempre più agguerrita da parte di mercati emergenti e le sfide logistiche legate a uno sfondo internazionale sempre più insicuro hanno posto in discussione la sostenibilità e la competitività del Made in Italy sul mercato globale.

I cambiamenti nei modelli di produzione globale

Sappiamo benissimo come negli ultimi decenni i modelli di produzione globale hanno subito trasformazioni nette. La produzione di beni si è spostata verso quei paesi in cui il costo della manodopera è nettamente più basso rispetto all’Italia portando di fatto ad una delocalizzazione, spostando cioè il fulcro dall’Italia ad altri paesi.

Inoltre, la diffusione globale della tecnologia, dell’automazione e la raffinazione delle tecniche ha permesso a molti paesi di migliorare la qualità dei loro prodotti, riducendo il divario con quelli italiani ma a costi minori che si riflettono nelle scelte di acquisto dei consumatori che verranno attratti da un prezzo più competitivo.

La concorrenza dei mercati emergenti

I mercati orientali stanno emergendo in modo dirompente, Cina, India e altri paesi asiatici, sono diventati i principali attori nel commercio internazionale. Grazie alla loro capacità di riprodurre fedelmente i prodotti e, allo stesso tempo, incontrare anche i gusti dei consumatori e le loro disponibilità economiche, questi paesi sono riusciti a competere è guadagnarsi un posto in cima alla lista. Ciò ha comportato per i prodotti italiani alti costi di produzione che si riflettono nei costi anche per chi acquista perdendo terreno nel mercato.

Le sfide logistiche e contesto internazionale

L’Italia non possiede una grande quantità di materie prime, dipende molto spesso dai paesi esteri. Oggigiorno però il panorama internazionale è diventato sempre più ricco di tensioni geopolitiche, guerre commerciali e fluttuazioni economiche che hanno un impatto significativo sui costi. Le interruzioni nei trasporti, l’aumento dei costi delle materie prime e i ritardi nella consegna delle merci hanno creato ulteriori difficoltà per le imprese italiane.

Quali potrebbero essere delle possibili risposte?

Il Made in Italy deve affrontare tali sfide difficili per tornare alla ribalta e per riaffermarsi come sinonimo di garanzia e qualità per i consumatori. Sono possibili diverse strategie che si possono intraprendere tenendo conto dell’importanza della tecnologia, della digitalizzazione e dell’innovazione.

Il primo passo è sicuramente investire in nuove tecnologie, automatizzazione e digitalizzazione per stare al passo dei competitori asiatici, sia per quanto riguarda la velocità della produzione che dei costi mantenendo al contempo la qualità che contraddistingue i prodotti italiani.

Il marchio Made in Italy ha poi bisogno di essere rinnovato e riaffermato, slegandosi dal senso comune ma ridando valore a ciò che davvero significa. È importante puntare su strategie di marketing che esaltano l’unicità dei prodotti italiani che attireranno consumatori che tengono alla qualità.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio