LUCCA – Innovazione e imprenditorialità, la Scuola IMT mappa 105 province italiane
In Toscana performa bene il dato sulla cultura imprenditoriale, mentre necessitano sostegno i settori della finanza innovativa, leadership, talento e formazione
Quali sono le condizioni necessarie per lo sviluppo di imprenditorialità, quali i fattori in grado di stimolare innovazione e competitività? Sono alcune delle tematiche su cui si concentra il report: Gli ecosistemi imprenditoriali italiani: un’analisi comparativa a livello provinciale, della Scuola IMT Alti Studi di Lucca in collaborazione con il centro di competenza nazionale Artes 4.0.
L’analisi, che prende spunto dal modello di “Entrepreneurial Ecosystem Index”, testato su 273 regioni europee dal gruppo di ricerca dell’Università di Utrecht guidato da Erik Stam, misura la capacità imprenditoriale di 105 province italiane (alcune sono state escluse per insufficienza di dati disponibili), esaminando per ogni territorio provinciale i fattori che compongono l’indice di ecosistema imprenditoriale.
Nello specifico, con i dati provenienti dalle Camere di Commercio e Istat, l’analisi prende in esame dieci fattori collegati all’imprenditorialità di successo: Istituzioni formali, cultura imprenditoriale, networks, infrastrutture fisiche e digitali, potenziale di mercato, servizi alle imprese, talento e formazione, nuova conoscenza, leadership e finanza innovativa. Quando tali elementi sono ben sviluppati, l’ecosistema imprenditoriale è in grado di generare risultati concreti non solo da un punto di vista imprenditoriale, ma a cascata per l’intero sistema economico. Viceversa, buone condizioni di partenza socio-economiche, hanno un’importante ricaduta per lo sviluppo dei dieci elementi.
“Il nostro studio – commenta Massimo Riccaboni, professore di Economia e direttore dell’unità di ricerca Axes (Laboratory for the Analysis of compleX Economic Systems) della Scuola IMT Alti Studi Lucca – utilizza un modello validato su scala europea per fornire una prima radiografia dello stato di salute degli ecosistemi imprenditoriali italiani, con particolare riferimento all’imprenditorialità innovativa. L’obiettivo è di contribuire a rinnovare le politiche di intervento utili per rilanciare il tessuto imprenditoriale toscano, rendendolo più competitivo su scala internazionale.”
Il report permette di eseguire una diagnosi territoriale circa lo status di ognuno dei 10 elementi che presi insieme sintetizzano la qualità dell’ecosistema imprenditoriale.
Lo scopo è quello di stabilire un dialogo basato sui dati con gli amministratori locali, attraverso la creazione di uno strumento che possa offrire indicazioni utili sullo stato di salute di un ecosistema imprenditoriale nel suo insieme e servire da “barometro” per calibrare politiche di sostegno all’economia. Non solo, lo strumento è basato su dati di pubblico accesso e permette una comparazione dettagliata tra i territori che può arricchire la conoscenza specifica e profonda che gli amministratori hanno dei problemi e punti di forza dei territori che amministrano.
Da sottolineare, al riguardo, che il Pnrr stanzia circa un miliardo e 300 milioni di euro sugli ecosistemi dell’innovazione, finanziando la creazione di 12 ecosistemi a livello territoriale, regionale o sovraregionale con un finanziamento che va da 90 a 120 milioni di euro ciascuno. Per mezzo di questi ecosistemi, si prevede di agevolare il trasferimento tecnologico e la trasformazione digitale anche attraverso il supporto alla nascita e sviluppo di start-up e spin off.
Inoltre, il report può essere di utilità anche agli addetti ai lavori e imprenditori che vogliano approfondire la conoscenza dell’ecosistema imprenditoriale di un territorio, sia per lo sviluppo di un’impresa o per capire quali siano le migliori condizioni di partenza per creare una nuova opportunità di business.
Territori con un ecosistema imprenditoriale avanzato infatti, offrono le condizioni necessarie per lo sviluppo di imprenditorialità ad alto valore aggiunto, un canale importante per la promozione di tutto lo sviluppo economico locale.
I risultati della mappatura
A livello nazionale i numeri mostrano un quadro ben definito. Senza sorpresa, Milano e Roma sono le province che mostrano un ecosistema imprenditoriale più elevato. Seguono province come Bologna, Torino, Trento, Bolzano, Firenze, Trieste e Brescia. Il dato si abbassa scendendo a sud (con l’eccezione di Bari), marcando una netta divisione tra nord, centro e sud. Quest’ultimo registra molti valori al di sotto della media, specialmente nelle isole.
A livello provinciale emergono alcuni pattern interessanti, come la concentrazione dei valori più alti delle istituzioni formali nel nord-est, nell’Emilia Romagna e nelle Marche. La cultura imprenditoriale registra valori più alti al centro e nelle province tirreniche del sud. I networks vedono tre poli principali nelle province di Milano, Roma e Bari. Se da un lato le infrastrutture sono distribuite in modo abbastanza eterogeneo, la leadership è polarizzata al nord, mentre la finanza innovativa nelle venti province distribuite tra nord, centro nord, Campania e Puglia. Per ciò che concerne servizi alle imprese, potenziale di mercato e nuova conoscenza il divario tra nord e sud appare netto, il talento e formazione sono concentrati nelle province di Milano, Roma e Bologna, per la presenza di un sistema universitario motore di molte relazioni innovative.
In termini regionali Trentino, Emilia Romagna, Friuli e Lombardia sono le 4 regioni a registrare la media più alta (nel caso del Trentino e del Friuli per la presenza di poche, ma dinamiche province). Considerando i singoli elementi che compongono l’indice, il Trentino registra la media migliore per ben quattro elementi su dieci (Istituzioni formali, finanza innovativa, leadership e potenziale di mercato).
A livello di regione Toscana,, si nota una sostanziale varietà nella qualità degli ecosistemi imprenditoriali delle varie province, con le posizioni forti di Firenze, Pisa e Siena paragonabili a Parma, Padova, Bergamo e Genova e con Massa-Carrara e Grosseto molto deboli, mentre Pistoia, Lucca, Arezzo, Prato e Livorno, sono più vicine alla media nazionale (Fig. A e fig. B).
I dati mostrano risultati positivi negli ambiti delle istituzioni formali e della cultura imprenditoriale, e dunque in ciò che concerne l’apparato normativo e legislativo che disciplina la vita sociale ed economica, la qualità della governance, il basso grado di corruzione, la burocrazia agile (Fig. C). Fattori che però, da soli, non bastano a creare le condizioni per lo sviluppo di un imprenditorialità dall’alto valore aggiunto, tanto che solo quattro province toscane (Firenze, Pisa, Siena e Livorno) registrano un indice di ecosistema superiore alla media nazionale (in verde), Prato, Arezzo, Lucca, Pistoia appena sotto la media (in giallo) e Grosseto e Massa Carrara ben al di sotto (in rosso).
I numeri inoltre, dimostrano piuttosto chiaramente come, nel contesto toscano, gli elementi da sostenere maggiormente siano quelli relativi alla finanza innovativa, che si attesta ben al di sotto della media nazionale, leadership, talento e formazione, ambiti che potrebbero beneficiare della presenza delle università come centri catalizzatori di conoscenza e trasferimento tecnologico verso le aziende.