LAVORO – Meglio i voucher o il pagamento in nero?
Riceviamo e pubblichiamo
PRATO – Sabato scorso a Roma, la Cgil è scesa in piazza contro i cosiddetti nuovi voucher, i contratti di prestazione occasionale. A marzo avevamo denunciato un comportamento subalterno da parte del Governo, con la complicità del partito di maggioranza (il Pd) e dell’opposizione, nei confronti della Cgil, segno della dipendenza di questo esecutivo nei confronti di altri poteri. Adesso la Cgil, che non si accontenta della vittoria di Pirro dello scorso marzo, è tornata a mettere pressione al Governo Gentiloni annunciando il ricorso alla Corte costituzionale. Il tutto per tornare indietro, come siamo abituati a fare in Italia.
I nuovi voucher magari non sono la manna scesa dal cielo, magari non sono la forma più corretta e meno precaria di contratti di lavoro in un Paese moderno, ma è stato grazie ai voucher, per esempio, che è emerso gran parte del lavoro nero. La scelta della Cgil e della sinistra più rossa, a quanto pare, è quella di tornare a forme di lavoro retribuite senza alcuna assicurazione, senza alcun contributo, tutto “all black” per usare un termine rugbistico. Dal sindacato dicono che con i prest.o. non ci sarebbero diritti per i lavoratori, ma dove erano i diritti quando gli stessi lavoratori venivano pagati sottobanco? La Cgil, che sta volutamente zitta innanzi a una pressione fiscale da capogiro che spinge i datori di lavoro a cercare di risparmiare in altri modi (soprattutto quando si tratta di retribuire i propri dipendenti), dovrebbe perlomeno dirci quali sono le loro alternative e come credono di sostenerle.
I nuovi contratti prest.o., a differenza dei buoni lavoro, hanno delle limitazioni tese ad evitare che, come spesso accade nel nostro Paese, ci siano i cosiddetti “furbetti” che se ne approfittano. Come si vede, è sempre necessario mettere delle toppe perché, come si suol dire, “fatta la legge, trovato l’inganno”. Nel nostro Paese bisogna arrivare a delle forme contrattuali che siano flessibili e soprattutto poco costose, ma per farlo è necessaria una riforma globale del Paese Italia. Non si può parlare di riforma del lavoro, per esempio, senza prima abbassare sensibilmente una pressione fiscale che strozza gli imprenditori e, conseguentemente, si ripercuote sui dipendenti. Infine, ciò che al sindacato non capiscono è che, voucher o no, prest.o. o no, il lavoro occasionale continuerà a esistere sempre, soprattutto per i giovani e le fasce più deboli. Domandiamoci: vogliamo che questo tipo di lavoro venga retribuito regolarmente o a nero?
Alessandro Giugni – Responsabile nazionale Enti locali “Energie PER l’Italia”