La Fiorentina e l’odio per i “gobbi”

Verso Fiorentina-Juventus. Storia di una rivalità nata nel 1928

FIRENZE – A Firenze l’amore per la squadra della propria città è fortissimo, ma altrettanto forte è l’odio per la Juventus. Forse, qualcuno arriverebbe a preferire “un morto in casa che un gobbo all’uscio”, parafrando il celebre detto dei livornesi sugli odiati cugini pisani. La rivalità tra Fiorentina e Juventus, anche se oggi non è più ai livelli degli anni ’80 e dei primi anni 2000, ha una radice lontanissima. Come per l’articolo sui “33 scudetti juventini” lasceremo parlare le statistiche e i documenti storici e non i sentimenti.

Correva l’anno 1928. La Fiorentina, voluta fortemente in serie A dal fascismo, il 7 ottobre andò a far visita alla già blasonata Juventus con un team pieno di calciatori dilettanti. I bianconeri infierirono fino all’11-0 finale, con i giornali piemontesi che sbeffeggiavano i toscani titolando “Firenze, ’un…dici nulla?”. La rivalità crebbe nel 1953. Il 22 febbraio la Fiorentina perse 8-0 contro la Juventus, che infierì come una belva senza pietà sui viola ridotti in 9 a causa di due infortuni.

Nel 1969, la Juventus, invece, portò dolci ricordi alla Fiorentina. Infatti, i viola, vincendo 2-0 a Torino, si aggiudicarono il secondo scudetto della propria storia. La rivalità sembrò finire con questo episodio, ma il 16 maggio 1982 scoppiò come una bomba atomica il sentimento antijuventino per il finale di campionato convulso che vide assegnare lo scudetto ai bianconeri (gol su rigore a Catanzaro per la Juventus per fallo di mano sulla linea di porta, gol annullato alla Fiorentina contro il Cagliari per una piccolissima carica sul portiere – vedere il video qui sotto). Di lì nacque il celebre motto “Meglio secondi che ladri”.

Nel 1985, l’odio antijuventino portò però ad una delle pagine più vergognose della storia del tifo fiorentino ed italiano. Dopo la strage dell’Heysel, in cui persero la vita 39 persone tra cui un bambino di 11 anni, la Curva Fiesole espose uno striscione con scritto “Heysel: 39 gobbi in meno”, oltre a cantare un coro che ancora oggi risuona a volte nella curva fiorentina, seppur in una versione più moderna.

Poi le finali di Coppa Uefa e il “caso Baggio” nel 1990. I bianconeri vinseno 3-1 a Torino, col difensore viola Celeste Pin che urlò ai microfoni della Rai “Ladri”. Sul neutro di Avellino (l’Artemio Franchi era squalificato) la Fiorentina non riuscì a ribaltare il risultato. A fine stagione, la Juventus “scippò” Roberto Baggio ai viola. Il “divin codino” scrisse nella sua autobiografia “Una porta nel cielo”: «Non me ne sono andato: mi hanno mandato via. Pontello aveva già preso accordi con Agnelli, mi aveva venduto l’estate prima». Baggio tentò in ogni modo di rimanere in riva all’Arno. Infatti scrisse: «Io volevo rimanere a Firenze perché stavo bene a Firenze». E il 6 aprile 1991, nella sua prima partita da avversario all’Artemio Franchi, Baggio si rifiutò di calciare un rigore e a fine partita, dopo innumerevoli fischi e offese, raccolse una sciarpa viola lanciatagli contro e se la portò a casa. Oltre che nel cuore.

Al giorno d’oggi, le rivalità ci sono sempre, ma l’odio, riesploso col Caso Berbatov”, ha lasciato fortunatamente il posto soprattutto alla sana goliardia. Sin da bambini si viene vestiti con la maglietta “Grazie a Dio non sono nato gobbo”. Possiamo trovare autovetture “degobbizzate”, ma anche persone che ringraziano il Divino perché “in famiglia non abbiamo juventini”.

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