AREZZO – Nutrizione e fibromialgia: un nuovo percorso terapeutico all’Istituto di Agazzi
Gli incontri, in programma tra novembre e dicembre, favoriranno educazione alimentare e scambio di esperienze
Un ciclo di incontri terapeutici di gruppo sulla corretta nutrizione nel trattamento della fibromialgia. A tenerli è la dottoressa Paola Bertelli, dietista del Centro Auryn per la Cura dei Disturbi Alimentari dell’Istituto di Agazzi, con un progetto in calendario tra novembre e dicembre che è inserito all’interno delle attività promosse dalla sezione di Arezzo della AISF – Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica. Ogni ciclo di trattamenti sarà sviluppato in cinque incontri, orientati a educazione e informazione alimentare.
La fibromialgia è una patologia cronica che colpisce il 2% della popolazione italiana e che richiede un trattamento interdisciplinare tra specialisti di diversi settori capaci di farsi carico della riabilitazione fisica e psicologica dei pazienti. Le problematiche gastrointestinali sono tra i disturbi più comuni causati da questa sindrome e, di conseguenza, tra gli ambiti di intervento rientra anche la nutrizione per sensibilizzare all’ascolto dei propri bisogni e per educare all’assunzione degli alimenti che possono contribuire a una miglior gestione della malattia. Gli incontri saranno dunque un’occasione per condividere informazioni nutrizionali generiche e specifiche orientate a adeguare e migliorare lo stile di vita dei pazienti, facendo affidamento su una dimensione collettiva utile per scambiare esperienze, evidenziare i miglioramenti individuali e rafforzare le proprie consapevolezze. Per informazioni, iscrizioni e costi è possibile contattare lo 0575/91.51.360 per parlare con la dottoressa Bertelli. «Il percorso di educazione alimentare e di ascolto dei propri bisogni nutrizionali – spiega la dottoressa Bertelli, – si abbina allo scambio di esperienze in grado di sostenere il cambiamento dello stile di vita. Proprio l’approccio di gruppo favorisce tali obiettivi perché ha come peculiarità quella di stimolare e favorire condivisione e scambio di esperienze laddove, spesso, le persone si sentono non comprese e sole nella loro malattia. Nel gruppo, infatti, “2+2=5”, dove il quinto componente è il gruppo stesso».