LIBRI – Crocoli esce con “Nel nome di Craxi”
Crocoli: “Craxi è considerato un simbolo del progresso e del benessere italiano. Non stupisce che ci sia ancora voglia di parlarne”
Sono passati vent’anni dalla morte di Bettino Craxi e la sua figura emblematica, e sicuramente discussa, ancora divide. Un momento indubbiamente significativo è stato il ventennale, celebrato lo scorso 19 gennaio, che di fatto ha aperto le porte ad una più approfondita rilettura. A questo filone si unisce “Nel nome di Craxi” (disponibile su Amazon), nuovo e recente libro di Mirko Crocoli (edito per la sezione “History” dei tipi di Acar di Lainate), autore anche di “Nome in codice GLADIO”. Il testo impreziosisce la storiografia sullo statista milanese, fino ad ora carente in alcuni punti, con una serie di testimonianze prodotte da personalità di primo piano.
Dalle notti di volantinaggio per il padre Vittorio, candidato in Parlamento, alla prima tessera presso la sezione del PSI di Lambrate, dall’attivismo nei turbolenti anni universitari ai primi passi nelle amministrazioni lombarde. Referente territoriale del partito, quindi membro della direzione nazionale, poi consigliere, assessore nella roccaforte rossa di Sesto San Giovanni e per finire a Milano, e dunque a Roma: era il 1968, annus mirabilis della storia italiana e non solo.
“L’indimenticabile ‘56” (Ingrao) aveva segnato una prima frattura tra socialisti e comunisti ma è l’invasione di Praga che marca il definitivo distacco. Bettino su tutti da allora diventerà un fiero oppositore del comunismo, sebbene nel partito ancora si persegua la linea di subalternità verso Botteghe Oscure. Smarcarsi da Mosca era una via obbligata per sopravvivere al primato elettorale del PCI, Craxi lo capì, lo mise in pratica ma gli costò molte pervicaci antipatie, fino all’attacco frontale giunto nei primi anni Novanta, in quella che passerà alla storia come la prima “grande guerra” tra poteri dello stesso Stato che come conseguenza la definitiva scomparsa dell’autonomia politica.
Immancabile un passaggio approfondito sul 1976 che segna la svolta nella storia personale di Craxi e anche nel riformismo socialista. L’elezione a Segretario Nazionale apre le porte ad una stagione che culminerà negli anni ’80 e che vedrà, fino al tragico epilogo di “Mani Pulite”, un’Italia presente e autorevole, soprattutto sul fronte internazionale.
Al ricco volume contribuiscono, tra gli altri, anche Paolo Pillitteri (in Prefazione), Gennaro Acquaviva (Postfazione), Claudio Signorile, Ugo Intini, Enzo Carra, Stefano Andreotti, il Generale Ercolano Annicchiarico (Comandante della base di Sigonella), il Generale Paolo Inzerilli (Gladio), Stefano Cagliari (figlio di Gabriele Cagliari), la ex magistrata Tiziana Parenti, ma anche giornalisti, storici e vecchi collaboratori e/o amici dell’ex leader socialista, uno dei quali l’artista siciliano Filippo Panseca, creatore delle straordinarie scenografie nei mega congressi degli anni Ottanta targati Bettino Craxi.
Da alcune interviste l’autore sostiene che: “Allo stato attuale non mi stupisce se Bettino Craxi venga oggi rimpianto e se molte sue scelte e intuizioni dell’epoca sono da considerarsi a dir poco profetiche e illuminanti. Craxi farà ancora parlare molto di sé, perché i suoi sogni possono anche essere stati sconfitti, ma le sue idee appartengono a tutto il Paese. Egli è ormai considerato un simbolo del progresso e del benessere italiano, l’artefice di una rinascita che ha portato l’Italia, in quel decennio, a meritarsi di diritto il podio tra le più virtuose nazioni al mondo per prestigio internazionale e sviluppo economico. E non saranno certo lo zelo e la violenza di alcune toghe o un metro di terra tunisina a cancellare il suo straordinario operato o quanto di bello fatto per la nostra Patria!”.