‘White Cube 33’ dal 23 maggio al 20 giugno alla Galleria 33 di Arezzo
Sabato 23 maggio alle ore 19 presso Galleria 33 ad Arezzo inaugura White Cube 33, collettiva fotografica a cura di Tiziana Tommei e Francesco Mutti.
Il progetto viene presentato in collaborazione con Luciferi – laboratorio sperimentale di arti visive – ed è stato ideato per salutare l’avvio del terzo anno di attività di Galleria 33 e Luciferi. La mostra propone opere fotografiche di tredici autori, selezionati attraverso il bando Call 4 Photography: Beatrice Bruni, Luca Cacioli, Luca De Pasquale, Enrico Fico, Frances Von Fleming, Pierluigi Fresia, Donatella Izzo, Giulia Madiai, Antonio Mariotti, Luca Palatresi, Paride Scuffi, Beatrice Speranza, Valentina Zamboni. Special guest dell’iniziativa è Silvia Amodio, una delle più importanti artiste e fotografe italiane, che ha scelto di presentare per l’occasione un’opera inedita, Giulia, tratta dal progetto Tutti i colori del bianco, il suo più recente lavoro, assolutamente esemplare perché capace di coniugare alla perfezione concept ed estetica, etica e forma. L’artista Silvia Amodio sarà presente all’inaugurazione.
Tiziana Tommei
La partnership Galleria 33 e Luciferi, avviata ad ottobre 2013 con Bang! Nuove Generazioni Fotografiche, è stata consolidata negli anni e oggi trova ulteriore conferma attraverso questa nuova impresa comune e condivisa. L’idea è nata dal desiderio di mettere in gioco passioni comuni e skills specifiche e complementari al fine di celebrare i due anni delle rispettive attività con un progetto aperto, che potesse stimolare e coinvolgere chi come noi credono fortemente e senza remore nel potere visivo, estetico, narrativo e comunicativo della fotografia. Un mese e mezzo fa la pubblicazione del bando Call 4 Photography, a cui è seguita la comunicazione della prestigiosa presenza di Silvia Amodio quale testimonial. Dal 1 maggio ha preso avvio l’opera di selezione in collaborazione con Francesco Mutti, storico e critico d’arte. Sono giunte quarantatré proposte, tra le quali ne sono state scelte tredici. Il laboratorio di via de Redi 15 ad Arezzo, Luciferi, ha curato la realizzazione di tutte le stampe fotografiche fine art esposte, oltre alla grafica dell’evento, partecipando attivamente all’organizzazione e promozione dell’iniziativa. Un lavoro di équipe che ci ha impegnati con entusiasmo e convinzione.
Dominante bianco, 33×33 cm: queste le premesse, le indicazioni e le richieste. La non proposta di un tema era fortissimamente voluta. L’intento era lasciare spazio e libertà all’ideazione e alla propositività. Il call ha sotteso la volontà di capire se e come a fronte di limitatissime specifiche formali ci potesse essere risposta concettuale personale, eterogenea e capace di fissare punti di riflessione.
La selezione in mostra rende conto dell’assoluta varietà di proposte giunte, per soggetti, generi, tematiche e stili. Il bianco poteva dominare anche per forza del soggetto proposto, non solo e non necessariamente a livello materiale. Non a caso avevamo deciso di usare il termine “dominante”, perché volevamo che potesse venire letto in chiave pseudoconcettuale o visiva. Invece il formato quadrato è, come noto, non banale. Misurarsi con esso non è affatto immediato soprattutto quando non d’abitudine.
La mostra non mette in scena semplicemente tredici opere, ma altrettante personalità. Ciascun lavoro ha espresso un modo diverso d’intendere e restituire quanto affermato e domandato.
C’è chi ha giocato con irriverenza ed ironia e chi ha caricato la purezza del bianco e la regolarità del quadrato di simbologia o narrazione. C’è chi ha voluto applicare in maniera estesa e senza remore le due direttive demandate e chi ha tentato con rispetto di bypassarle, rimanendo comunque fedele ad esse. In ogni caso c’è stato il coraggio e il desiderio di dire la propria, di replicare e partecipare. Non esiste un minimo comune denominatore reale scorrendo i lavori esposti: l’apparente dominanza del non colore e della forma geometrica non deve ingannare. Anzi, partendo proprio da queste premesse emerge chiaro quanto di eterogeneo e personale possa essere espresso attraverso la fotografia.
Francesco Mutti
Chiamare un CALL non è mai operazione semplice. Men che meno in arte. Vengono sottintese questioni importanti che il solo descriverle porterebbe via tempo e spazio. Eppure risultano imprescindibili per la sua riuscita, sia che si tratti di specifiche puramente organizzative che tecniche che concettuali.
No, chiamare un CALL non è assolutamente operazione semplice!
Per quanto, in apparenza, possa davvero sembrarlo: ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, catturare l’attenzione di molti con la promessa di una notevole ricompensa, versione culturale aggiornata di un “gioco d’azzardo” nel quale il banco invece vince sempre. Fortunatamente non è affatto così. Ameno non lo è stato per il CALL 4 PHOTOGRAPHY lanciato con determinazione da Tiziana Tommei in collaborazione con Luciferi – Laboratorio Sperimentale di Arti Visive.
Non lo è stato essenzialmente per le sue premesse, quel senso più profondo che ha poi mosso l’idea prima che l’intenzione: due anni esatti di attività, due anni esatti di sacrifici e di vitalità, di intuizioni e cambiamenti intensi che hanno segnato le vite della galleria e della sua fautrice in modo totale, tanto che spesso le si è confuse – erroneamente – l’una con l’altra.
Il CALL è arrivato come un’idea folle, per molti versi in controtendenza rispetto alle canoniche procedure con cui Tiziana si è costruita la sua credibilità in Italia, in quella continua ricerca che la contraddistingue da sempre: ricerca che non è forma, non è estetica, non è sentimento ma è tutto questo e molto di più. Una parola per definire il suo lavoro sarebbe PERSONALITÀ. Un’altra CARATTERE. Più incisiva sarebbe STILE. Gli artisti la definirebbero FIRMA.
È dunque proprio di questi elementi che il CALL si è fatto “cercatore”: chi ha risposto “ci sono” ha sentito in sé ognuna di queste componenti come parti attive e imprescindibili; oltre che una spinta decisa nel seguire l’istinto e il proprio spirito di avventura che, da non dimenticare, è parte fondamentale di ogni artista.
Sin dalle prime luci, il CALL ha infatti avuto nelle sue intenzioni quello di chiarire ciò che fosse realmente importante per l’arte, per la fotografia – tecnica da lei prediletta sopra ogni altra – per se stessa e per il suo percorso. Senza peccare di presunzione. O di qualsiasi altra forma di strumentalizzazione mercantile legata al mondo “di galleria” a cui lei appartiene, ma dal quale si discosta con incedibile originalità.
Un altro fattore cardine del CALL è stato quello di poter monitorare il panorama nazionale allo scopo di allargare i confini conoscitivi della galleria, con una modalità che, come precedentemente ricordato, volesse prescindere dalle doti di attenta selezionatrice di Tiziana: ottenere perciò con estrema sincerità una risposta reale al senso di ricerca e di varietà che lei porta avanti, affidandosi con coscienza al caso e alla fortuna come le sole variabili in grado di governare la propria esistenza. E alle quali mettere mano solo in un secondo, ma decisivo, momento.
Per certi versi è stata un’attesa eccitante: giorni irripetibili di grandi emozioni che rendono la vita per quello che è, nel bene e nel male.
Il CALL in sé aveva sì tutte le premesse per funzionare perfettamente.
Ma per avere garantita autorevolezza e visibilità che ne illustrassero le qualità oltre i propri confini, si rendeva necessario osare di più, mettersi in gioco quanto e forse più che gli artisti chiamati a partecipare. L’obiettivo era riuscire a trovare un testimonial di assoluto rilievo che sposasse tutta l’operazione con gioia, che agisse da trascinatore e da stimolo per chiunque. Ricerca, anche in questo senso. Con molta umiltà.
Si sa, però, come l’entusiasmo sia contagioso: senza pensarci due volte, la celebre fotografa italiana Silvia Amodio ha accettata infatti tale proposta, decidendo di fare il primo passo e seguire Tiziana nel guidare con la sua opera – inedito meraviglioso sotto ogni punto di vista – l’iniziativa del CALL. Un onore irripetibile… Per Tiziana, per Galleria 33, per Luciferi e per tutti coloro che si sono imbarcati in questa folle impresa.
Qualche numero infine, tanto per fare il punto: quarantatré le risposte ottenute. Giovani talenti. Promesse. Grandi autori. Piacevolissime scoperte. Tredici i fotografi selezionati, in un complesso gioco geografico che vede rappresentata la Penisola per quasi due terzi e dona, alla vita del CALL, un prima, autorevole dignità. Tredici artisti segnati da una qualità sussurrata, delicata, imponente e intrigante che collima con quella profonda percezione che Tiziana ha della fotografia e che ne rappresentano il passato, il presente e, fortunatamente, anche il futuro.
Informazioni tecniche
White Cube 33 apre il 23 maggio dalle ore 19 e resta visitabile ad ingresso libero fino al 20 giugno 2015 presso la sede della galleria, in via Garibaldi 33 ad Arezzo. Aperto da martedì a sabato, dalle 16.30 alle 19.30 o su appuntamento.