SINDACATI – Bandiera rossa la (im)migrerà
L’editoriale del direttore –
“Vogliamo fabbriche, vogliamo terra, ma senza guerra, ma senza guerra…”. Una volta i comunisti, i socialisti e i sindacalisti (di sinistra) cantavano queste parole. La loro priorità era il popolo, il difendere la classe operaia arrivando a una riscossa. Non c’era padrone che potesse reggere l’impatto delle masse rosse, guidate da partiti e sindacati con un’anima racchiusa in un pugno.
Oggi, però, le masse operaie e il popolo sono stati abbandonati non solo dai partiti, molti dei quali pensano solo a stringere accordi con le lobbies di turno, ma anche dai sindacati. A parte la manifestazione (politicizzata) alle acciaierie Lucchini di Piombino, al giorno d’oggi è difficile trovare un’iniziativa sindacale veramente a favore degli operai e del popolo. Alcuni sindacati, per esempio, non hanno preso parte alla manifestazione di Figline Valdarno per difendere l’ospedale Serristori nonostante le pressioni e le volontà della cittadinanza. E ciò provoca una chiara conseguenza: le persone comuni tendono sempre più a distaccarsi dai sindacati, i quali sono sempre più distanti dalla realtà.
Giorno dopo giorno crescono le spese e le tasse per le famiglie e le aziende. Ma i sindacati si guardano bene dal chiedere al Governo di abbassare la pressione fiscale, facendo finta di non capire che la ripresa del lavoro e la competizione passano dall’abbattimento delle tasse alle aziende e non dal loro inasprimento. Infatti, non si può mungere all’infinito una mucca, ma bisogna darle respiro.
Il Governo decide di aumentare l’Iva, che avrà un ritorno disastroso sui consumi. Ma i sindacati cosa hanno fatto per difendere produttori, venditori e consumatori? Un fico secco. Se un chilo di pomodori costa di più, la gente comune comprerà mezzo chilo perché i soldi non piovono dal cielo. Meno consumi uguale a meno entrate uguale a meno gettito dell’Iva uguale a meno entrate nelle casse dello Stato. Di contro, abbassando l’Iva, ci sarebbero più consumi e quindi più gettito Iva e più entrate per lo Stato. E, come ammesso dallo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, con meno tasse «indubbiamente ci sarebbe meno evasione».
Il Governo, per finanziare l’emergenza immigrazione, non trova le risorse per rifinanziare la cassa integrazione in deroga, mettendo in difficoltà Regioni, Province e Comuni e, soprattutto, le migliaia di famiglie che con quei soldi tirano a campare. Ma i sindacati si guardano bene dallo scendere in piazza a difesa del popolo e dei lavoratori. Purtroppo assistiamo ad un appiattimento dei sindacalisti (non tutti, comunque… Non è giusto generalizzare perché qualcuno si salva) verso certe posizioni della politica. C’è un saldo legame tra il sindacalismo e la politica. Il famoso pranzo tra Susanna Camusso (leader Cgil), Mario Monti (ex premier), Pierluigi Bersani (ex segretario del Pd), Enrico Letta (attuale premier) e Angelino Alfano (attuale segretario del Pdl) ne è una chiara dimostrazione.
Ma i sindacalisti, che hanno perso la fiducia degli italiani, hanno trovato chi potrebbe garantire loro un futuro. Si tratta degli immigrati. Perlomeno quelli non regolari. Non è un caso che si intensifichino le iniziative sindacali a difesa di un certo tipo di immigrazione. E non è nemmeno un caso che non si difendano i diritti dei lavoratori immigrati che spesso vengono sfruttati dai propri datori di lavoro. Non si difendono, per esempio, i diritti dei cinesi che a Prato lavorano in regime di schiavitù, ma si fa finta di nulla.
Oggi i sindacati scendono in piazza e manifestano per fermare le stragi nel Mediterraneo, andando a strumentalizzare una battaglia che deve essere etica, prima che politica, e certamente non sindacale. Per Cgil, Cisl e Uil non importa se gli italiani (e per italiani intendo anche quegli immigrati che con le loro tasse permettono a questo Paese di cercare di andare avanti) sono senza lavoro, in cassa integrazione oppure se si vedono aumentare le tasse, le accise e l’Iva. A loro interessa «dare risposte concrete al dramma dei rifugiati, attraverso corridoi umanitari ed un efficace sistema di accoglienza, anche attraverso il sostegno dell’Unione europea. Bisogna inoltre riformare la legislazione su immigrazione ed asilo e, nel contempo, contrastare con ogni mezzo la tratta degli esseri umani».
Insomma, le priorità dei sindacati, organizzazioni nate con lo scopo di difendere i lavoratori, non sono più quelle di difendere coloro che (non) lavorano, bensì coloro che arrivano nel nostro Paese. I latini dicevano “suum cuique tribuere”, ossia “dare a ciascuno il suo”. Ci sono già migliaia di organizzazioni che trattano (e alcune ci mangiano sopra) con l’arrivo degli immigrati a Lampedusa. Ora che ci si mettano anche i sindacati quando in Italia la disoccupazione giovanile ha superato quota 40% è davvero troppo. Ma intanto, senza scomodare l’Inno dei Lavoratori (che cantarlo al giorno d’oggi è un tantino una bestemmia), cantiamo tutti insieme: “bandiera rossa la trionferà, bandiera rossa rossa la trionferà, bandiera rossa la trionferà, evviva i sindacati e la clandestinità!”