FIRENZE – Web tax e digital divide i temi dell’iniziativa promossa da Confesercenti Toscana
Gronchi: “L'impegno delle imprese e degli Europarlamentari toscani per costruire una tassazione globale, equa e sostenibile”
Confesercenti Toscana ha promosso l’iniziativa “Web tax digital divide Italia Europa” a cui hanno partecipato Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana, Leonardo Marras, assessore all’Economia, alle Attività produttive della Regione Toscana, gli europarlamentari Simona Bonafè, Susanna Ceccardi e Nicola Danti.
Le politiche di liberalizzazione, l’affermazione della new economy ed il progresso tecnologico hanno reso i mercati nazionali e locali contendibili da attori operanti su scala globale, una rivoluzione che mette in rilievo i limiti della potestà impositiva e fiscale degli Stati e dell’Europa ancorati a concetti di fiscalità domestica.
“Si è posto da tempo, un problema di politica fiscale e di Web Tax che per le dimensioni e le caratteristiche del fenomeno non può che essere di politica europea prima e di armonizzazione a livello globale poi. Nel frattempo, alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, hanno intrapreso un percorso di tassazione dei ricavi dei giganti del web, tra non poche difficoltà e con risultati al di sotto delle aspettative e la Global Tax, appena approvata dal Parlamento Europeo, rischia di essere un compromesso al ribasso” ha affermato Nico Gronchi, presidente di Confesercenti Toscana.
“Questo – ha proseguito Gronchi – crea importanti disparità concorrenziali con le imprese domestiche dei mercati nazionali sottoposte a regimi fiscali più stringenti, anche quando operano con le medesime modalità on line, con un doppio impatto negativo sulle imprese tradizionali in sede fissa e sulle entrate degli Stati”.
Numeri di alcuni colossi del web a livello globale prima della pandemia da Covid-19 (dal 2020 numeri in aumento)
Giro d’affari 2019 in Italia: oltre 1.100 miliardi di euro di cui il 50% realizzato da 3 soggetti – Amazon, Alphabet (ossia Google) e Microsoft.
Profitti 2019: 146 miliardi di euro.
In Italia queste società realizzano ricavi per 3,3 miliardi di euro, ma nel 2019 hanno pagato in tasse soltanto 70 milioni di euro.
Nel dettaglio (dati ufficiali Mediobanca): Microsoft 16 milioni; Google 5,7 milioni; Facebook 2,3 milioni; E-bay 145mila; Tripadvisor 22mila; Netflix 6mila euro.
Con tecniche definite di “ottimizzazione fiscale” da meccanismi di elusione al tax ruling i big di internet sono riusciti a sottrarre al fisco tra il 2015 e il 2019 qualcosa come 46 miliardi di euro.
Tra il 2019 ed il 2021, sulla spinta anche delle restrizioni sanitarie, le vendite dell’e-commerce di prodotti, sono passate da 17mld a 27,6mld di euro, con un incremento del 62%, portando la sua incidenza al 10,5% del totale delle vendite di prodotti. Il 65% di questo fatturato è appannaggio di operatori che non hanno la sede in Italia.
La Digital Tax italiana
La Legge di bilancio 2019 ha introdotto la c.d. “Digital Tax” con l’intento di assoggettare a tassazione il fatturato prodotto dalle imprese non residenti nel territorio nazionale che operano in rete, ma che producono di fatto dei proventi in Italia. La Digital Tax Italiana prevede un’aliquota pari al 3% applicata sui proventi realizzati da aziende con un totale di ricavi di almeno euro 750.000.000 euro derivanti da servizi digitali.
Il risultato in termini economici per lo Stato è però deludente: a fronte di una previsione di entrate per 780mln lo Stato ha incassato “solo” 233mln di euro.
La Global Web Tax: Il nuovo schema di tassazione delle multinazionali
Ad ottobre 2021, 136 stati hanno sottoscritto l’accordo sulla tassazione delle multinazionali (Global Tax) basato sull’abbinamento di «2 pilastri» e che entrerà in vigore a fine 2023:
1) pillar one, per le multinazionali con fatturato maggiore di 20 mld di euro si prevede che il 25% dell’utile oltre il 10%, sia tassato nei paesi di competenza secondo le relative aliquote fiscali;
2) pillar two, per le multinazionali con fatturato maggiore di 750 mln di euro si prevede una tassazione dell’utile del 15%.
La proposta di Confesercenti Toscana
“L’iniziativa promossa da Confesercenti Toscana nasce dall’acclarata sperequazione delle condizioni tra le imprese del mercato ‘fisico’ e quelle del mondo web in generale – ha affermato Nico Gronchi -. La questione che poniamo non è ovviamente quella di limitare le vendite online, o di restringere il campo delle attività digitali, ma è la necessità, non più differibile, di garantire un mercato realmente concorrenziale e in grado di superare il gap tecnologico nel rispetto delle stesse regole normative e fiscali”.
Occorrono quindi nuovi accordi per una equa tassazione globale, ma in Italia occorrono strumenti concreti a sostegno della sfida digitale delle imprese:
Ø la creazione di un ambiente digitale integrato a livello nazionale dedicato al mondo del micro, piccolo e medio tessuto imprenditoriale con l’obiettivo di: ampliare l’offerta commerciale, mettere in rete best pratics ed eccellenze, strutturare catene integrate produzione-vendita, costruire infrastrutture digitali visibili e proiettabili su scala globale.
Ø la costituzione di un’agenzia per le imprese, a partecipazione pubblica e privata, che inverta radicalmente la tendenza di mortalità delle imprese: Formazione e tutoraggio per gli imprenditori in particolare start-up e imprese a forte vocazione digitale e sistema di servizi per le imprese
“Come Confesercenti Toscana – ha concluso il presidente Gronchi – chiediamo, attraverso i rappresentanti delle istituzioni, al Governo, al Parlamento e all’Europa di giocare un ruolo per contribuire alla costruzione di una tassazione globale che non sia punitiva o imbrigli l’economia, ma che sia invece equa e sostenibile, ma soprattutto rispetti la libera concorrenza e che quindi esistano stesse regole, stessi doveri, stessi diritti per tutti”.
“Migliorare i servizi potendo contare sulla qualità delle relazioni umane è il modo di stare nel nuovo tempo – ha commentato Leonardo Marras, assessore all’Economia della Regione Toscana –. Nulla può sostituire le relazioni tra le persone, è vero, e per ciò la chiave per resistere alla concorrenza sleale è migliorare il rapporto con i clienti attraverso i servizi digitali. Come Regione lavoriamo insieme a Confesercenti per raggiunge quest’obiettivo, stimolando i centri commerciali naturali ad approdare al digitale ed accrescere, così, fruibilità, capacità attrattiva e potenzialità”.
“Quello della Web Tax è un tema molto importante, anche perchè è oggettivo che c’è una concorrenza sleale nel mercato – ha dichiarato l’europarlamentare Simona Bonafè -. Da una parte abbiamo i tanti piccoli commercianti che pagano le tasse, nazionali ma anche locali; dall’altra c’è invece la concorrenza spiazzante delle grandi multinazionali, in particolare di quelle che hanno a che fare con il digitale, che spesso hanno la sede in Paesi dove la tassazione è irrisoria e che pagano poco o nulla dove realizzano profitti. Ci sono delle proposte in campo a livello Ocse ed europeo per sanare questo divario ed il convegno organizzato da Confesercenti Toscana è stato un importante momento di confronto per capire come andare avanti in questa direzione”.
“Il mio partito si è mosso subito a favore di una tassazione sui colossi del web, che fanno concorrenza sleale al piccolo commercio – ha detto l’europarlamentare Susanna Ceccardi -. Nelle nostre città questa concorrenza può tradursi in gravi danni ai nostri artigiani, che rimangono strozzati dall’impatto delle grandi multinazionali. È una questione non solo economica, ma anche sociale. Quindi la Web Tax assolutamente sì”.
“La rivoluzione digitale ha cambiato la vita a tutti, senza che però questa rivoluzione sia mai stata regolata. Oggi l’Europa lo sta facendo, ad esempio con il Digital Service Act che risponde a un principio semplice: ciò che vale offline, deve valere anche online – ha affermato l’europarlamentare Nicola Danti –. E la tassazione non può fare eccezione, soprattutto di fronte a una situazione che troppo avvantaggia le grandi piattaforme. Il digitale può e deve essere occasione anche per le piccole e medie realtà, per quelle locali, ma per farlo servono risorse, e soprattutto serve una politica capace di arrivare a un compromesso in un’Europa che anche su questo tema si trova a fare i conti con lo scoglio dell’unanimità”.