AGRICOLTURA – Investire su sostenibilità e innovazione conviene: la sfida toscana

L’Agrifood si conferma settore strategico per l’economia regionale con 43mila imprese, 75.900 occupati e 3,8 miliardi di euro di valore aggiunto

Innovazione, tradizione e sostenibilità possono benissimo andare a braccetto: è quanto emerge dall’Agritech Investor Day, iniziativa di Regione Toscana nell’ambito del programma di attrazione investimenti Invest in Tuscany, che si è tenuta ieri a Firenze, in collaborazione con The European House – Ambrosetti. Ma è obbligatorio fare squadra, perché la guerra sull’innovazione anche in agricoltura, come sottolineano gli analisti, è già iniziata ed è necessario presidiare il fronte per rimanere ed essere ancora più competitivi.

L’incontro di ieri è la giornata conclusiva del progetto Agritech, un percorso di confronto tra università, enti di ricerca avviato nei mesi scorsi, curato dalla struttura regionale “Invest in Tuscany” – il cui compito è per l’appunto quello di portare nuovi investimenti in Toscana – per comprendere i bisogni di innovazione e favorire chi è alla ricerca di innovazione. Con l’obiettivo, in estrema sintesi, di ridurre i costi senza compromettere qualità e tratti tipici del prodotto ed investendo sulla trasformazione alimentare di alto livello.

L’Agrifood è sicuramente un settore strategico per l’economia toscana: conta 43mila imprese, 75.900 occupati e 3,8 miliardi di euro di valore aggiunto, in crescita dal 2015. La Toscana è anche la prima regione per Dop e Igp quanto a superficie coltivata, seconda per numero di prodotti certificati e tra le prime cinque per start up nel settore. In tutta Italia gli investimenti sul mercato agrifood sono raddoppiati dal 2017 al 2021, pari oggi ad un miliardo e mezzo, con una forte crescita della nutraceutica.

E anche il Pnrr ci crede: con un parterre di ventotto università, cinque centri di ricerca e diciotto imprese distribuite su tutto il territorio nazionale, rappresentative delle eccellenze italiane il Piano identifica un centro di ricerca nazionale sull’agritech. Un progetto da 350 milioni di euro, di cui 320 milioni arrivano dal Pnrr: un finanziamento senza precedenti per la ricerca in agrifood, di cui 45 milioni destinati al territorio toscano.

Quella dell’innovazione e della sostenibilità, è stata ripetuto a Palazzo Borghese, è una battaglia che si vince combattendo talvolta lo scetticismo. Occorre anzitutto aiutare le aziende a misurare il proprio grado di sostenibilità, spiegano al Santa Chiara Lab. Lo chiedono i consumatori, ma anche le banche nel momento in cui decidono prestiti e investimenti.  Una necessità ed obiettivo, perseguito dalla Regione, è anche quello di attrarre nuove presenze imprenditoriali che aiutino a rafforzare il settore.

Lo dicono sostenibilità e transizione già avviata verso l’economia circolare, temi della grande sfida verde europea: le imprese devono impegnarsi a ridurre gli scarti, i consumatori chiedono più trasparenza e ci sono pure nuove necessità e gusti di mercato da soddisfare. Anche distribuzione e logistica andranno cambiati.

Ed ecco così idee e progetti per sensori, sempre più diffusi, per monitorare l’andamento delle colture: per sprecare meno acqua e fare i conti con la siccità, per rilevare la presenza di parassiti a distanza o di muffe anche oppure per decidere, in base agli zuccheri, quando il frutto, l’uva ad esempio, va raccolto.

Ecco le ‘coltivazioni in verticale’, che limitano l’impatto sull’ambiente. Ecco i robot agricoli e l’agricoltura di precisione, per diserbare senza usare la chimica ed erodendo di meno il suolo, ecco le soluzioni di intelligenza artificiale, la gestione biologica dei terreni, il recupero degli scarti con cui costruire mattoni per edilizia o imballaggi ecosostenibili, due brevetti già depositati dagli atenei toscani.

E poi ancora sistemi per depurare le acque o la mungitura delle mucche, droni, centrali meteorologiche, processi di industria 4.0 o idee per sostituire le procedure e le tecniche più costose ed energivore, come l’aratura ad esempio.

Start up e centri di ricerca toscani già studiano tutto questo. Ma la sostenibilità passa anche da piattaforme di vendita dirette, dalla tracciabilità dei prodotti sugli scaffali o da imballaggi meno invasivi e leggeri. L’innovazione ‘si vende’ se si aiutano le aziende a capire che può aiutare a ridurre i costi: per far questo è importante la raccolta di dati.

Ma l’innovazione, per vivere nel tempo, ha bisogno anche di operatori e tecnici con nuove competenze: anche semplicemente per la manutenzione delle nuove macchine intelligenti.  Da questo punto di vista una delle sfide sul campo è quella di un’eventuale scuola di alta formazione in agronomia, a livello universitario. Intanto, nelle aziende regionali di Cesa ed Alberese, la Regione sperimenta alcuni di questi modelli innovativi, per orientare altri verso nuove soluzioni produttive.

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