La seconda edizione di A Jazz Supreme. Dal 12 ottobre, sorprese a non finire
Si parte col concerto di Paolo Fresu con Gianluca Petrella al Teatro Verdi di Firenze
Firenze, 8 ottobre 2018 – Ispirata dal disco A Love Supreme, ritenuto all’unanimità il capolavoro di John Coltrane nonché uno dei dischi più importanti della storia della musica, la rassegna A Jazz Supreme diretta da Fernando Fanutti del Musicus Concentus e dal pianista Simone Graziano giunge alla sua seconda edizione e inaugura venerdì 12 ottobre al Teatro Verdi di Firenze con l’esclusivo concerto di Paolo Fresu e Gianluca Petrella.
L’estemporaneo incontro fra questi due grandi nomi del jazz contemporaneo, protagonisti sino ad oggi di alcune avventure musicali in comune, è da annoverare nel libro della creatività assoluta. Fresu e Petrella hanno dalla loro una grande preparazione tecnica, volta innanzitutto alla ricerca del suono tout-court; anche per questo entrambi non sono nuovi alle frequentazioni nel mondo dell’elettronica, usata appunto anche in questa occasione con la massima duttilità ed intelligenza possibili, seguendo l’ormai famoso motto inventato da Brian Eno, che indica un uso appunto “intelligente” della macchina, laddove dunque sia l’uomo a controllare la macchina e mai il contrario. Il resto è pura gioia per le orecchie dell’ascoltatore anche perché il duo si diverte e riesce a divertire, attraversando territori di assoluta originalità, toccando “sacri” standard della storia della musica afro-americana e brani originali.
Una formazione dalle grandi possibilità “esplosive” sia per l’alta capacità di produzione d’idee collegata alle peculiari personalità musicali in gioco, sia per la ricerca di nuove architetture, mai scontate in un progetto, almeno sulla carta, impegnativo e comunicativo come quello del duo, figurazione tra le più difficili del mondo della musica improvvisata.
Ad aprire il concerto di Fresu e Petrella saranno i fiorentini ⁄handlogic, già vincitori del Rock Contest di Controradio nel 2016. La band ha all’attivo oltre 100 concerti e nella scorsa primavera si esibita per la prima volta in un tour europeo.
A partire dal suo secondo appuntamento la rassegna si trasferirà presso la Sala Vanni in Piazza del Carmine (Firenze). Qui venerdì 19 ottobre terrà banco il tentetto di Beppe Scardino, ensemble che ha debuttato lo scorso ottobre con il sostegno di Pisa Jazz e che costituisce la realizzazione di un desiderio degli ultimi anni di Scardino, quello dell’organico allargato.
Nasce così questo gruppo dal suono compatto, dinamico ed antitetico: una sezione ritmica elettrica e ruvida (rhodes, chitarra, contrabbasso, batteria elettronica) contrapposta ad una sezione fiati ampia (3 sassofoni/ clarinetti, 2 trombe/corni, tuba). Contrasti e simmetrie.
Il materiale compositivo proposto da Scardino è la sintesi di molti elementi di ricerca personale degli ultimi anni: la poliritmia, gli estremi, i temi lunghi, le piccole cellule, la ripetizione ossessiva, la densità armonica, l’eterno crossover tra i cosiddetti generi. Collaboratore per anni del trombonista Gianluca Petrella (nei gruppi Cosmic Band ed Il Bidone) con il quale ha modo di esibirsi nei maggiori jazz festival italiani ed europei, Beppe Scardino ha fatto parte del quintetto di John De Leo e della sua Grande Abarasse Orchestra, ha suonato per anni con il cantautore Bobo Rondelli, ha collaborato, anche come arrangiatore, con i Virginiana Miller, con la cantautrice Emma Morton, con i Bad Love Experience, con Mezzala. Suona con i Calibro 35, con i quali ha partecipato nel febbraio 2018 al tour di presentazione dell’ultimo lavoro, “Decade”.
Il 26 ottobre uno dei concerti più attesi di questa seconda edizione di AJS, ovvero il duo Iverson/Turner, composto dal sassofonista Mark Turner e il pianista Ethan Iverson.
L’incontro fra i due avviene durante alcune jam session del 1990 a New York City, quando entrambi avevano già avviato le loro carriere individuali. Il primo, Ethan Iverson, pianista, compositore e scrittore, è molto noto nel mondo del jazz per aver fatto parte del trio Bad Plus (esibitosi a Firenze in Sala Vanni nel 2002) ed aver collaborato, tra gli altri, con Ron Carter, Al Heath, Bill Frisell, Charlie Hafen, Lee Konitz. Con i Bad Plus ha avuto il merito di rinnovare il linguaggio della classica formula pianoforte-contrabbasso-batteria con massicce dosi di pop e avanguardia; una band capace di superare con slancio i paletti dei generi codificati e di muoversi con disinvoltura tra Ornette Coleman e Prince.
Il secondo, Mark Turner, è sicuramente uno dei più grandi tenoristi presenti sulla scena mondiale ed ha collaborato, tra gli altri, con la big band di Dave Holland. Caratterizzato da una voce strumentale di grande bellezza e intensità espressiva messa al servizio di un estro melodico superiore, Turner è riuscito a elaborare compiutamente un proprio stile rigoroso e inconfondibile, e fa indiscutibilmente parte di quella elìte di musicisti che sta fornendo un importante contributo all’evoluzione del linguaggio improvvisativo del jazz.
Un decennio dopo il loro primo incontro Turner e Iverson sono entrati a far parte del quartetto di Billy Hart, collaborando a due album targati ECM; adesso, con Temporary Kings debuttano finalmente con un album in duo. In questo lavoro Iverson e Turner esplorano il terreno comune tra gli intricati toni della scuola Trsitano/Marsh e la crescente intimità della moderna musica da camera. L’album presenta sei brani originali di Iverson (tra cui il nostalgico pezzo solista Yesterday’s Bouquet) e due di Turner (tra cui Myron’s World, traccia che ha acquisito uno status di quasi-classicità tra i jazzisti contemporanei).
Il cd comprende anche una traccia un po’ fuori dagli schemi, in stile blues (Unclaimed Freight) ed una sorprendentemente melodica, quasi raveliana, traccia di apertura dedicata alla città svizzera nella quale l’album è stato registrato (Lugano).
L’esibizione di Iverson/ Turner sarà introdotta da Michelangelo Scandroglio “In the Eyes of the Whale”, progetto prende spunto dalle melodie rockeggianti e malinconiche dei Radiohead e dei Beatles, ispirandosi fortemente al jazz contemporaneo di Ambrose Akinmusire e Gerald Clayton.
Pipe Dream, in Sala Vanni venerdì 2 novembre, è il frutto della collaborazione internazionale tra Hank Roberts e quattro tra i musicisti più creativi e trasversali della nuova scena italiana (Pasquale Mirra, Zeno De Rossi, Giorgio Pacorig e Filippo Vignato), nato come produzione originale del festival Jazz & Wine of Peace di Cormons nell’ottobre 2017.
Da questo incontro si è originata una formazione dal suono singolare, capace di spaziare tra atmosfere cameristiche, echi africani, new music e folk-rock statunitense, che ha preso forma stabile, ha completato un primo tour nell’autunno scorso e ha registrato un CD in uscita per CAM Records nel 2018.
Attraverso i suoi quasi quarant’anni di carriera, Hank Roberts ha creato al violoncello una propria originalissima voce, abbracciando improvvisazione astratta, melodie folk, musica contemporanea e vigorose rock songs. Nato in Indiana nel 1954, Roberts si è fatto un nome nella leggendaria scena Downtown nella New York degli anni ’80 a fianco di Tim Berne, Marc Ribot , John Zorn, e soprattutto di Bill Frisell, con il quale collabora dal 1975.
Jakob Bro Trio è il gruppo capitano da Jakob Bro che il 9 novembre si esibirà a fianco di Joey Baron alla batteria e Thomas Morgan al basso. Jakob, chitarrista, bandleader e compositore, nasce nel 1978 in Danimarca, dove grazie al padre avviene il primo approccio con la musica. All’inizio una forte passione per la tromba, ma è dopo aver scoperto la musica di Jimi Hendrix che lascia lo strumento a fiato per la chitarra che studia presso diverse scuole: dalla Royal Academy of Music di Danimarca, alla Berklee School di Boston fino alla New School di New York.
Attualmente attivissimo, Jakob fa parte del gruppo del batterista Paul Motian ed è membro del quintetto transeuropeo di Tomasz Stanko. Come bandleader ha pubblicato molti dischi caratterizzati da un eccezionale roster di musicisti come Lee Konitz, Bill Frisell, lo stesso Paul Motian, Kenny Wheeler, Paul Bley, Chris Cheek, Thomas Morgan, e molti altri ancora. Nel 2009 e nel 2013 ha ricevuto il premio Jazz Special per il Danish Jazz Record of the Year e nel 2012 il premio onorario DJBFA mentre nel 2013 è stato inserito nella top 10 dell’Annual Critics Poll Rising Stars della celebre rivista Downbeat e ha ricevuto il premio “Compositore dell’anno” dalla Danish Music Publishers Association.
Jakob Bro ha inoltre ricevuto 5 Danish Music Awards ed è stato inserito nella Jazz Denmark’s Hall of Fame, sia nel 2006 che nel 2012 è stato premiato dalla Danish Arts Foundation, mentre nel 2014 la trilogia Balladeering, Time & December Song è stata nominata per il Premio Musicale dei Consigli Nordici.
Tra i suoi mille progetti appunto il trio, formazione in cui lo vedremo in Sala Vanni, insieme a Thomas Morgan e Joey Baron, quest’ultimo vecchia conoscenza del Musicus Concentus e musicista che ha collaborato, fra gli altri, con David Bowie e Micheal Jackson. Il trio ha registrato due album per la ECM nel novembre 2013 e nel 2015. In apertura Evita Polidoro “Mirror”, ensemble che esplora le sonorità pianoless, presentando un repertorio di brani originali e momenti di improvvisazione libera.
La collaborazione con il Music Pool, partner storico del Musicus Concentus, si concretizza anche nella produzione del concerto Stefano Tamborrino Seacup, previsto per venerdì 16 novembre. Seacup, letteralmente “tazza di acqua marina” è la sintesi di un mare interiore. Apparentemente circoscrivibile all’area di un contenitore, esso conserva la difficoltà di controllo dovutagli alla propria natura liquida e imprevedibile. L’onda può essere la culla del nostro sguardo, tuttavia essa medesima, ha in sé la capacità di spazzare via un intero paesaggio.
Il sestetto si compone di un organico inusuale in cui possiamo riconoscere il classico quartetto d’archi, arricchito però dalla creativa presenza di batteria, elettronica, voce, sassofono e clarinetti. L’opera di composizione – principalmente affidata a Stefano Tamborrino – si è stesa in un periodo concentratosi tra la metà di giugno e la fine di luglio 2017. L’intensa attività svolta in poco più di un mese estivo ha partorito quarantacinque minuti di musica scritta e arrangiata, alla quale sono andati a sommarsi gli episodi di improvvisazione. I protagonisti di questo incontro sono diversi. Stefano Tamborrino è uno dei pochi strumentisti ritmici italiani ad aver varcato l’oceano con una band americana; si espone in un inatteso ruolo di compositore sulla linea di rasoio, in bilico tra una moltitudine di colori che rendono il prodotto finale libero da ogni classificazione di genere.
Penultimo appuntamento della rassegna, previsto per venerdì 23 novembre, è il concerto per solo piano dello statunitense Craig Taborn. Il pianista fa parte della generazione venuta alla ribalta negli anni ’90 e cresce in una città – Minneapolis – che vede pure l’emergere di gruppi come The Bad Plus e Happy Apple, una cerchia di musicisti che condivide l’assoluta mancanza di pregiudizi nei confronti degli stili. Inizia i suoi studi di pianoforte proprio quando gli viene regalato un sintetizzatore: sintomo dello sviluppo di un pensiero aperto alle molte possibilità di confrontare tra loro mondi espressivi diversi. Non appena entra in scena, Taborn è considerato un jazzman tout-court: standard e modernismo virtuoso sono il bagaglio che può mettere in mostra nel gruppo di James Carter. Ma le cose cambiano in fretta, entra in contatto con l’astrattismo sonoro di un Tim Berne, lavora con Dave Douglas e viene chiamato nel grande organico di Roscoe Mitchell. Sono nuove esperienze formative, cui si aggiungerà in seguito anche quella più fusion e groovy nella band Underground del sassofonista Chris Potter. Come leader Taborn esce dapprima con due dischi in trio, nel 2004 con l’inclassificabile Junk Magic e dopo lunga pausa lo scorso anno con il recital in solitaria Avenging Angel.
Il concerto di Taborn sarà introdotto dal duo composto da Samuele Strufaldi & Tommaso Rosati, sul palco della Sala Vanni con un sound che passeggia tra scrittura contemporanea e improvvisazione, tra glitch e drone, tra elettronico e acustico in una ricerca continua di alternanza tra equilibrio perfetto e contrasto estremo.
Chiude la rassegna, venerdì 30 novembre, l’ensemble Gabriele Mitelli ONG Crash: un quintetto d’eccezione che porta a Firenze il jazz del futuro.
Gabriele Mitelli è il talento italiano dell’anno per la storica rivista Musica jazz e il debutto discografico del suo nuovo progetto O.N.G. “Crash” è stato considerato tra i migliori dischi jazz del 2017 per la European jazz chart e per Il giornale della musica.
Uscito a maggio 2017 per la Parco della Musica Records, il progetto O.N.G. “Crash” è stato ideato dal trombettista bresciano: un quartetto composto dallo stesso Mitelli (pocket tromba, genis russo, elettronica) e da Enrico Terragnoli (chitarra elettrica), Gabrio Baldacci (chitarra elettrica baritono) e Cristiano Calcagnile (batteria), musicisti di altissimo profilo che vantano collaborazioni con artisti come Markus Stockhausen, Anthony Braxton, Stefano Bollani, Carla Kihlstedt, Tristan Honsinger, William Parker, Paolo Fresu ed Enrico Rava, per citarne solo alcuni. Partendo da brani di riferimento come “A tratti” dei C.S.I., “Sleep talkin” di Ornette Coleman o “Lanquidity” di Sun Ra, le composizioni dell’ensemble si dilatano tra ampie sezioni di improvvisazione e sonorità jazz ruvide, attraverso le potenzialità timbriche, ritmiche e melodiche di ogni strumento.