Vinitaly 2025, il Salone Internazionale traccia ancora la rotta tra sfide di mercato e nuove tendenze
Cala il sipario sulla 57ª edizione di Vinitaly, che si è conclusa oggi a Veronafiere confermando il suo ruolo di baricentro del vino italiano e piattaforma strategica per l’internazionalizzazione. Con 97.000 presenze complessive registrate nei quattro giorni di manifestazione (6-9 aprile), l’evento ha dimostrato una notevole capacità di attrazione, soprattutto sul fronte internazionale, nonostante un contesto economico globale complesso e le crescenti tensioni commerciali. Accanto ai numeri positivi, Vinitaly 2025 conferma le aspettative dei mesi precedenti l’evento e sarà ricordato per aver portato sotto i riflettori due tendenze emergenti ma già significative: la crescente affermazione dei “Raw Wine” (vini naturali e artigianali) e il debutto ufficiale, accompagnato da un vivace dibattito, dei vini “NoLo” (senza o a basso contenuto alcolico). Con circa 4.000 aziende espositrici che hanno riempito l’intero quartiere fieristico, Vinitaly si è riaffermato come termometro indispensabile per misurare lo stato di salute e le direzioni future del Made in Italy enologico, in una fase di profonda trasformazione del settore.
Vinitaly 2025 conferma la vocazione internazionale
I dati finali di questa edizione parlano chiaro: Vinitaly 2025 rafforza la sua dimensione internazionale. Su 97.000 presenze totali, gli operatori esteri hanno superato quota 32.000, rappresentando il 33% del totale, con un incremento del 7% rispetto all’anno precedente. I buyer provenivano da oltre 130 nazioni, a testimonianza della capillarità globale dell’evento.
Particolarmente significativi i segnali provenienti dai mercati chiave: gli Stati Uniti, primo mercato di sbocco per il vino italiano, hanno visto una crescita dei buyer del 5%, così come la Germania (+5%). Impressionante il balzo del Regno Unito (+30%), mentre altri mercati europei come Francia (+30%), Belgio (+20%) e Olanda (+20%) hanno mostrato grande dinamismo. Bene anche Svizzera (+10%) e Giappone (+10%), con arrivi stabili da Canada e Brasile. Unica nota in controtendenza, la flessione dalla Cina (-20%).
Questi numeri assumono un valore ancora maggiore se letti alla luce delle sfide attuali. L’incremento degli operatori internazionali, specialmente da mercati maturi e strategici come USA e UK, evidenzia come Vinitaly mantenga un forte appeal come piattaforma di business imprescindibile, capace di attrarre decision maker anche in un clima di incertezza segnato dalle tensioni geopolitiche e dalla minaccia concreta dei dazi statunitensi, tema ampiamente dibattuto durante la fiera. La crescita suggerisce che, per molti operatori, il valore degli incontri diretti e delle relazioni commerciali costruite a Verona supera i rischi percepiti sul mercato.
Al contempo, il calo marcato delle presenze cinesi (-20%), in contrasto con la crescita occidentale, potrebbe riflettere non solo condizioni specifiche del mercato cinese, ma anche un possibile riorientamento strategico da parte degli esportatori italiani, forse accelerato proprio dalle incertezze sul fronte USA che spingono verso una maggiore diversificazione. L’obiettivo dichiarato dagli organizzatori di ospitare 1.200 top buyer selezionati da 71 Paesi è stato pienamente raggiunto, confermando l’efficacia del programma di incoming realizzato in collaborazione con Agenzia ICE.
Anche il fuori-salone Vinitaly and the City, dedicato ai wine lover nel centro storico di Verona, ha confermato il suo successo, superando i 50.000 tagliandi-degustazione venduti, eguagliando il risultato del 2024 pur con una giornata di evento in meno.
Lo spettro dei dazi USA
Un’ombra significativa si è proiettata su Vinitaly 2025: la concreta minaccia dei dazi statunitensi, tema caldo e fonte di grande preoccupazione tra gli operatori. L’annuncio di possibili tariffe aggiuntive, stimate tra il 20% e il 25%, da parte dell’amministrazione Trump ha dominato molte discussioni. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di sbocco per il vino italiano, assorbendo circa il 24% del valore totale dell’export. L’Osservatorio UIV ha quantificato il rischio di perdite potenziali in circa 323 milioni di euro annui, interessando quasi 480 milioni di bottiglie. I primi segnali di difficoltà erano già tangibili, con importatori americani che iniziavano a chiedere riduzioni di prezzo per mantenere la competitività, mettendo a rischio le quote di mercato faticosamente conquistate. Particolarmente vulnerabili appaiono i vini con un posizionamento di prezzo più accessibile, dove l’impatto dei dazi si moltiplica lungo la catena distributiva. Di fronte a questo scenario, è emersa la necessità di strategie urgenti: da un lato, la richiesta di un dialogo con le autorità USA per scongiurare l’applicazione delle tariffe ; dall’altro, una spinta verso la diversificazione, con circa il 50% delle cantine che, secondo alcune indagini, starebbe già esplorando mercati alternativi in Asia e America Latina per ridurre la dipendenza dagli USA. Le associazioni di categoria hanno espresso forte preoccupazione, chiedendo interventi a livello nazionale ed europeo per tutelare un settore chiave del Made in Italy.
Riflettori sul “Raw Wine”: autenticità e territorio al centro
Accanto ai grandi numeri, Vinitaly 2025 ha dato ampio spazio a segmenti specifici che riflettono un’evoluzione del gusto e una crescente attenzione verso la sostenibilità e l’autenticità. L’iniziativa “RAW WINE Verona”, ospitata per due giorni (6-7 aprile) nella Sala Argento del Palaexpo, ha rappresentato un focus importante sui vini naturali, biologici, biodinamici e a basso intervento. Nata dalla collaborazione tra Veronafiere e Raw Wine, la comunità globale di riferimento per questo tipo di produzioni, l’area ha visto la partecipazione di circa 140 produttori (alcune fonti parlano di “oltre 120” ) provenienti da 10 Paesi, tra cui Italia, Francia, Spagna, Georgia e Giappone.
Il concetto di “Raw Wine” va oltre la semplice certificazione biologica, abbracciando una filosofia produttiva che mira alla minima interferenza in vigna e in cantina, all’espressione pura del terroir e all’utilizzo limitato o nullo di additivi chimici, inclusa la solforosa. Eventi clou sono stati la masterclass guidata da Isabelle Legeron MW, fondatrice di Raw Wine, e il tasting “full immersion” che ha permesso agli operatori un contatto diretto con i vignaioli.
La scelta di questo Vinitaly 2025 di stringere una partnership con un’entità consolidata e riconosciuta come Raw Wine indica una strategia mirata: non si tratta solo di osservare una nicchia, ma di integrarla attivamente nell’offerta fieristica, attraendo un segmento specifico e qualificato di produttori e buyer internazionali. Questo approccio differisce da quello adottato per i vini NoLo, più guidato internamente da Veronafiere in risposta a un trend di mercato più ampio. L’area Raw Wine si è affiancata ad altre sezioni tematiche che esplorano approcci produttivi diversi, come Vinitaly Bio, con 101 aziende biologiche certificate, e Amphora Revolution, dedicata ai vini affinati in anfora con 22 espositori. La compresenza di Vinitaly Bio e Raw Wine suggerisce inoltre come il dibattito sulla sostenibilità nel mondo del vino si stia articolando: non solo certificazione biologica, ma anche filosofie più radicali legate al minimo intervento e all’espressione territoriale, rispondendo a una domanda di consumatori sempre più consapevoli e alla ricerca di prodotti unici e con una forte identità.
L’ondata NoLo: debutto ufficiale e dibattito sui vini dealcolati
La novità più dirompente e discussa di Vinitaly 2025 è stata senza dubbio l’ingresso ufficiale dei vini No-Low Alcohol (NoLo) nel programma della manifestazione. Annunciata già a gennaio da Jeddah, Arabia Saudita, durante una tappa promozionale , questa apertura strategica di Veronafiere ha segnato un punto di svolta, portando per la prima volta i vini dealcolati (totalmente o parzialmente) e a bassa gradazione alcolica al centro della scena espositiva e convegnistica.
L’area Mixology (Padiglione C) è stata il fulcro di questa iniziativa, ospitando un numero crescente di espositori specializzati (35, raddoppiati rispetto a precedenti sforzi correlati ), un banco mescita dedicato nell’Enoteca NoLo e un “0 alcohol cocktail bar”. Cruciali sono stati anche i due convegni organizzati in collaborazione con Unione Italiana Vini (UIV) e l’Osservatorio UIV-Vinitaly: “Zero alcol e attese del mercato” (8 aprile) e “Tecnologia 0.0: produzione e innovazione a confronto” (9 aprile).
La decisione di Veronafiere di integrare i NoLo risponde a molteplici fattori. In primis, la crescente domanda globale da parte di consumatori attenti alla salute, al benessere e alla moderazione, incluse le nuove generazioni (GenZ e Millennials) e segmenti di non bevitori. Si tratta di un mercato considerato “complementare” a quello tradizionale, ma con stime di crescita significative (la produzione italiana è prevista in aumento del 60% nel 2025) e un forte interesse da parte di altri grandi eventi fieristici internazionali come ProWein. Inoltre, l’iniziativa si inserisce nel contesto delle discussioni a livello europeo e internazionale sulle politiche relative al consumo di alcol.
Tuttavia, l’apertura ai NoLo ha acceso un acceso dibattito all’interno della filiera italiana. Le perplessità riguardano principalmente la qualità organolettica di questi prodotti, ottenuti tramite processi tecnologici come la distillazione sotto vuoto o l’osmosi inversa, che possono alterare l’equilibrio e gli aromi del vino di partenza. C’è chi mette in discussione la stessa denominazione di “vino” per bevande dealcolate e chi teme una “snaturazione” di un prodotto simbolo della cultura e tradizione italiana. Le posizioni variano: da un lato, chi vede nei NoLo un’opportunità per intercettare nuove fasce di consumo e rispondere a esigenze specifiche (salute, religione, guida); dall’altro, chi li considera una minaccia alla qualità e all’identità del vino tradizionale, o un fenomeno passeggero.
La scelta di Veronafiere, presentata come un “progetto pilota” destinato a diventare “strutturale”, appare come una mossa strategica per posizionarsi su un mercato futuro potenzialmente redditizio, accettando le controversie attuali per garantire la competitività e la rilevanza della fiera nel lungo periodo, in un panorama delle bevande in continua evoluzione. L’abbinamento dei convegni su mercato e tecnologia sottolinea la consapevolezza che il successo di questo segmento dipenderà tanto dalla capacità di intercettare la domanda quanto dai progressi tecnologici nel garantire una qualità accettabile del prodotto finale.
La voce degli organizzatori
Nei commenti a chiusura della manifestazione, i vertici di Veronafiere hanno espresso soddisfazione per i risultati raggiunti, sottolineando la capacità di Vinitaly di agire come sistema e di rispondere alle complessità dello scenario internazionale. Il presidente Federico Bricolo ha evidenziato come Vinitaly 2025 abbia dimostrato “unità e capacità di reazione” del mondo del vino italiano, anche di fronte alle difficoltà legate ai dazi USA, e ha rimarcato il ruolo di Verona come “capitale europea del vino”, rafforzato dalla presenza di due Commissari UE (Christophe Hansen per l’Agricoltura e Olivér Várhelyi per la Salute) che hanno annunciato iniziative concrete a sostegno della filiera. Bricolo ha inoltre confermato il forte legame con gli Stati Uniti, annunciando la seconda edizione di Vinitaly USA a Chicago (5-6 ottobre 2025).
Il direttore generale Adolfo Rebughini ha posto l’accento sulla solidità del brand Vinitaly e sulla qualità degli operatori presenti, ribadendo il ruolo della fiera nell’ascolto dei mercati e nella promozione globale. Ha inoltre sottolineato l’importanza delle novità introdotte, come il debutto di Vinitaly Tourism (dedicato all’enoturismo), e l’integrazione delle tendenze emergenti (NoLo, Raw Wine, Amphora Revolution), definendole iniziative che “arricchiscono l’esperienza fieristica” e confermano un salone che “non solo ascolta e fotografa il settore, ma ne anticipa le traiettorie”. Anche l’amministratore delegato uscente Maurizio Danese aveva rimarcato, in fase di presentazione, come il percorso intrapreso da Vinitaly negli ultimi dieci anni, con la netta separazione tra business in fiera ed eventi per appassionati in città, sia ormai “strutturale e irreversibile”.
Le dichiarazioni degli organizzatori rivelano un attento esercizio di equilibrio: da un lato, la celebrazione dei punti di forza tradizionali della fiera (focus sul business, portata internazionale); dall’altro, la promozione attiva della sua evoluzione attraverso l’abbraccio di nuove tendenze, anche potenzialmente divisive come i NoLo, e nuovi format come quello dedicato all’enoturismo. Questo riflette la necessità di soddisfare la base storica di espositori e visitatori, adattandosi al contempo a un mercato in rapido cambiamento. L’insistenza sulla collaborazione con le istituzioni nazionali ed europee può essere letta anche come un tentativo di proiettare un’immagine di stabilità e supporto coeso al settore, quasi uno “scudo” contro le incertezze esterne come i dazi, rafforzando il peso politico e strategico di Vinitaly.
Vinitaly naviga i cambiamenti del settore
Vinitaly 2025 si chiude confermando la sua centralità nel panorama vinicolo internazionale, capace di attrarre business da tutto il mondo anche in un contesto globale sfidante.
La fiera veronese dimostra così di non essere solo uno specchio del settore, ma un attore che cerca attivamente di interpretarne e guidarne le trasformazioni. Mentre il mondo del vino italiano si confronta con sfide complesse – dalle tensioni commerciali ai cambiamenti nei modelli di consumo – Vinitaly si propone come la piattaforma dove queste sfide vengono discusse e dove si cercano strategie comuni, puntando sull’internazionalizzazione e sull’innovazione, pur tra inevitabili dibattiti. L’appuntamento è già fissato per la 58ª edizione, in programma a Verona dal 12 al 15 aprile 2026.