OGGETTI PARLANTI – Mostra fotografica di Erica Andreini e Luigi Torreggiani
Sabato 20 dicembre 2014 dalle ore 19 inaugura presso Caffè La Saletta, in via Nazionale 26/28 a Cortona, la mostra fotografica “Oggetti parlanti”, bipersonale di Erica Andreini e Luigi Torreggiani, a cura di Tiziana Tommei.
Erica Andreini presenta “Diario Minimo”, una serie di opere fotografiche di assemblages in bianco e nero, stampe Fine Art su carta Baritata di cm 60×60, 40×40 e 30×30, montate su passe-partout e cornice, datate 2008 – 2014. Luigi Torreggiani espone “La memoria delle cose”, una selezione di scatti di fotografia analogica a colori, scansione di diapositiva, stampe Inkjet su carta Baritata di cm 30×30, inserite in passe-partout e cornice, tutte datate 2014. Per la particolare occasione, è stata pensata inoltre una serie di esemplari d’autore, di formato 8×8 cm, numerati e firmati.
A chi non è mai capitato di guardare un oggetto o un dettaglio, in apparenza banale, e di avere, a partire da questo, un flashback, ritrovandosi in una storia tutta mentale, soggettiva eppure così incredibilmente vera, reale e sentita? Ogni oggetto è potenziale portatore di storie, significati, passaggi di vita. Se esso viene assemblato con altri il suo potere comunicativo s’intensifica, si dilata e assume forme complesse.
In “La memoria delle cose” e “Diario minimo” gli oggetti sono corpi parlanti, narratori interni al racconto, veicoli di messaggi, che parlano di emozioni e pensieri umani in una dimensione di apparente assenza dell’uomo. Entrambi i fotografi mettono l’uomo al centro, senza mostrarlo (almeno non nella sua interezza). Ambedue credono nel potere comunicativo e narrativo delle cose quotidiane, tanto da affidare ad esse quasi in toto la narrazione. Quasi però, perché la scrittura è un fattore fondamentale, comune ai due, a partire dalla fase concettuale, che sta alla base dell’iter creativo e progettuale. Per entrambi c’è un’urgenza di legare verba e immagine. Non si possono leggere gli scatti di Torreggiani senza scorrere le sue parole; non si possono cogliere gli assemblages di Andreini non facendo attenzione ai titoli.
Fa impressione fermarsi a riflettere su quanti punti accomunano questi due fotografi, a prima vista tanto diversi. Le fotografie di Torreggiani sono dirette, semplici, di quelle che ti fanno erroneamente esclamare “la potevo fare anche io!”. Le opere di Andreini al contrario ti fanno interrogare su ciò che esse rappresentano e, ancora prima, proprio su quello che sono. Entrambi prendono appunti, osservando ciò che li circonda, e proiettano un testo, una frase, una parola, in immagini fotografiche.
Il tempo è il filo che li unisce: ma il loro non è quello della storia, misurabile e oggettivo. Sospendono tutto in un istante infinito, limitando lo sguardo di chi osserva in quello spazio finito e claustrofobico, ridondante di elementi accostati con ironia dechirichiana e automatismo surrealista. Gli assemblages di Andreini sono concetti puri tradotti in rebus. Non si possono capire con uno sguardo perché mettono in scena un vocabolario tutto cifrato, le cui chiavi di lettura vanno cercate, desiderate, trovate e scoperte.
La questione tecnica in entrambi i lavori è soggetto, mai mezzo. Torreggiani concepisce l’uso dell’analogico fuori dalle tendenze e come elemento del racconto. Parte dal tema e dal suo significato. Egli non crea un file, ma un oggetto tangibile, unico: la diapositiva. È una scelta dichiarata, pensata e finalizzata alla resa concettuale non meramente stilistica. Andreini crea e distrugge: ciò che la fotografia rappresenta oggi non c’è più. C’è solo in quella realtà, ed è esistita fisicamente solo in quel tempo, che è quello della creazione e dello scatto.
Da domani Andreini scriverà una nuova pagina del suo diario, trasponendo in sintesi iconiche le parole ascoltate o dette, ricordate o nuove. Mettendo in forma frammenti di vita propria in un’autobiografia fotografica che solo chi possiede volontà di scoperta per interpretarla può fruirne oltre la superficie. Torreggiani invece ci porterà per mano in una nuova storia, mostrandoci per immagini quel mondo, raccontandocene il clima, rappresentandone gli odori, i suoni le sensazioni, tanto che ci sembrerà di averlo vissuto anche noi in sogno.
La Saletta è una location d’eccezione: caffè storico, luogo culturale, d’incontro e scambio. Attualmente gestito da Maurizio Menci, è ubicato nel centro nevralgico di Cortona, tra via Nazionale e Piazza della Repubblica.
La mostra è in partnership con Galleria 33, spazio mostre in via Garibaldi 33 ad Arezzo, diretto da Tiziana Tommei. Le stampe fotografiche sono state realizzate da Luciferi Visionibus, laboratorio di grafica e stampa Fine Art – via de’ Redi 15, Arezzo. Passe-partout e cornici sono a cura di Quadridea – via Isonzo 13, Arezzo.