La scuola “a casa” e l’online: una lezione da imparare

Il pc “da fiera dell’antiquariato” lento e senza webcam, le slides che non si possono stampare semplicemente “perché non abbiamo la stampante a casa”, la scarsa (o nulla) connessione nella nostra abitazione e così via, sono solo alcuni dei problemi con i quali si stanno confrontando le famiglie italiane con la nuova versione della scuola, quella “a casa”. L’emergenza legata al coronavirus ha imposto ai bambini e ragazzi di studiare da remoto, frequentando le lezioni solo virtualmente. Una situazione ha messo a nudo pregi e difetti del sistema educativo italiano.

Le (s)comodità delle lezioni online

Tra i lati positivi del seguire le lezioni da casa c’è sicuramente l’aspetto della comodità, ma purtroppo non è un privilegio di cui possono godere tutti. C’è ad esempio chi non può disporre di personal computer, tablet o dispositivi idonei a seguire una lezione telematica. Ma anche chi non ha nemmeno internet a casa, nonostante adesso sia oggettivamente semplice ottenerlo.
Oggi – e diremmo “per fortuna” – le connessioni possono arrivare anche nei posti più remoti: c’è infatti l’opportunità di disporre di un accesso a internet anche senza linea fissa, grazie a società come Linkem, che consentono a qualsiasi famiglia di navigare liberamente, restare collegati con il mondo esterno. E, in questo caso specifico, permettono ai più piccoli di seguire le lezioni.
Così il web diventa accessibile davvero in qualunque posto, anche se a volte bisogna “raggiungerlo”: basti pensare alla storia di Giulio, bambino di 12 anni di Scansano (paese di 4mila anime nella campagna grossetana), che pur di non perdersi la “scuola a casa”, è dovuto andare… fuori casa. Lui viene accompagnato ogni giorno da sua mamma Gloria in uno spiazzo a un chilometro di distanza, dove il segnale viene ricevuto in modo migliore. Per il caso specifico la vice-ministro dell’Istruzione, Anna Ascari, ha comunicato di essersi attivata personalmente, ma sono tante altre le iniziative promosse in questo periodo per dare una mano alle famiglie svantaggiate, sia dallo stesso Ministero dell’Istruzione (che ha messo a disposizione 70 milioni di euro per i dispositivi digitali), sia nel mondo del volontariato.

Il futuro della didattica

Molti gesti apprezzabili che però non fanno altro che evidenziare ancora di più i problemi organizzativi e strutturali del sistema educativo italiano: non solo la mancanza di connessione o di dispositivi, ma anche (e soprattutto) di una programmazione ben elaborata della didattica e di una preparazione dei docenti adatta a sfruttare un mezzo che in altri paesi è già la normalità. In questo momento di transizione, la comunità educante sta riscoprendo il proprio ruolo, quello di collante sociale, anche in un momento in cui non si è fisicamente vicini. L’obiettivo quindi deve essere di imparare la lezione e non lasciare che questi insegnamenti virtuali siano solo una soluzione provvisoria, ma lavorare già da adesso per integrarli gradualmente alle modalità di studio preesistenti nel futuro.

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