V. A. – Sicily Jass: The world’s firs man in jazz OST

image1-12Chi conosce Nick La Rocca, saprà che richiede una ricerca piuttosto vasta. Già quando si parla di jazz, si cerca la radice nella radice. Inoltre, andrebbe ulteriormente specificato che questo “jazz” che è diventato famoso oltreoceano (che grazie a La Rocca possiamo dire possa avere origini tutte italiane) è il dixieland, che non a caso nel 1914 fonda la Original Dixieland Jazz Band.
Ma all’epoca il jazz veniva sicilianizzato con “jass” (un po’ come broccolino per dire Brooklyn, e così via), eh sì, perché La Rocca (soprannome di Dominic James, che nasce a New Orleans nel 1889, figlio di genitori Siciliani ) è un jazzista ante litteram, che si scontra coi movimenti anti-jazz e che, come ogni jazzista che si rispetti, potrà vedere il suo sogno come realtà, solo postumo (quindi non lo vede mai realizzato). All’età di 72 anni, difatti, Nick scompare, nel vero senso della parola, e di tutto il suo lavoro, rimane un pugno di sabbia.

E allora come pensare di riproporre la storia di una meteora (o forse meglio meteorite), che ha comunque sconvolto ad insaputa di molti, il mondo delle big band? La racconta Michele Cinque nel suo film Sicily Jass: The World Firs Mann in Jazz (Produzione Rai, Ga&A, Lazy Film e MIBACT) le cui riprese sono durate tre anni, collaborando con il produttore siciliano Roy Paci e con l’attore Mimmo Cuticchio.

Vengono ripercorse le storie di Nick La Rocca con tutte le difficoltà che ne seguono: “Non pochi critici musicali mi hanno attaccato per aver fatto un film su Nick La Rocca. Riconoscergli un ruolo importante nel jazz a molti risulta come una giustificazione delle sue politiche, ma ovviamente non è così, anche perché nel film si parla molto dei suoi difetti e delle sue problematiche caratteriali”, ha sostenuto il regista. Inutile però dire che nonostante le contestazioni razziali, viene comunque sempre considerato da alcuni (se non da molti) l’inventore del jazz.

Ecco, quello che è il film, non è assolutamente completo. Per avere la visione più adatta della nascita del jazz, bisogna paradossalmente chiudere gli occhi e auscultare quali sono le vibrazioni delle registrazioni dixieland che portano in sé tutti i lasciti da New York a New Orleans, dalle influenze tzigane fino al concetto di band jazz che oggi suona come tradizione (che poi, avete ascoltato epitaph di Mingus, pur sempre suonata da una band, ma definire il lavoro tradizionale, è assolutamente inappropriato) ma che agli albori illuminava di nuova luce un panorama ancora da ripensare e che oggi, necessariamente, urge ascoltare.

Riccardo Gorone

 

 

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