Memorie di lacrime e risate: Skiantos
La loro biografia ufficiale ricorda le gesta degli eroi del rock bolognese
Se il nome Skiantos può dirvi qualcosa, è perché questa “rock band” (da tradurre proprio come band di roccia) ha rappresentato più di una generazione coi suoi testi e con la sua musica in grado di shakerare i valori convenzionali della storia, della politica, dell’umorismo. Oggi continuiamo a ricordare questa band e il contributo del libro sulla biografia degli Skiantos “Una storia come questa non c’era stata mai prima, …e non ci sarà mai più” (scritto dai bolognesi Gianluca Morozzi e di Lorenzo Arabia a cura di Oderso Rubini e Andrea Setti e pubblicato da Goodfellas Edizioni all’interno della collana Spittle – 368 pp.) sembra davvero indispensabile per rivivere quell’esperienza che fu la loro “carriera”. Intanto già il concetto di storia cambia. Si presenta come storia ufficiale, ma Lei (personifichiamola così, la Storia) è la prima a non prendersi sul serio. Va per sentito dire, aneddoti, frammenti (già l’impaginazione del libro è fatta di collage di foglietti, finestrelle, battute, stralci di giornale, che più che un archivio sembra essere una mappa (non) concettuale, senza porsi obiettivi specifici). Quasi come il cammino dei detective per trovare chi è il colpevole, ci troviamo a vagare per 368 pagine di fenomenologia degli Skiantos (e in questa fenomenologia, di epoké ne fa parecchia) che non ci aiuta a conoscerli ma più a riconoscerli nelle loro gustose gag ed interviste che si muovono dal 77 fino ai giorni quasi-nostri (1977-2017-2077) attraverso “narratori seriosi”, “dubbiosi”, “saccenti” personaggi reali come Andrea Pazienza, altri di parafantasia “il Signore dei Dischi” (sedicente talent scout la cui carriera è costellata di successi, dalle Spice Girls a Biagio Antonacci) in una costellazione di rimandi mandati in vacca (che so, un esempio breve, da una piccola intervista: D:Qual è la differenza tra punk e demenziale?; R: Il punk sta al demenziale come Frankestein a Totò; D: Quali credete che siano le implicazioni politiche del suono demenziale??; R: Molte e interessanti!; D:Cioè?; R: Staremo a vedere) o di accenni storici davvero inaspettati, come il treno di Cage, un happening che poi ha trovato luci negli studi Cramps (e qui la figura di Gianni Sassi si mescola a quella dei fantomatici personaggi di questa miscellanea) che rientra nella sezione giallina con l’etichetta “Pippone Storico”. Testimonianze di Vasco Rossi all’ascolto di MONOtono, Kinotto, Inascoltabile, fino alle recensioni immaginarie di Lester Bangs: “Sono sicuro che avrei trovato qualche coglione di produttore strafatto di crack disposto a pubblicarmi il disco, mi sarebbero bastati tre o quattro titoli a casaccio che ne so tipo: ‘Faccio più schifo di voi’ o ‘Lamento di uno spacciatore’”. Per non parlare del vero e proprio ribaltamento dei ruoli classici. Se generalmente è il pubblico che, indignandosi, lancia frutta e verdura all’artista, gli Skiantos hanno concepito le loro performance come scontro col pubblico lanciando frutta e verdura dal palco. “Gli Skiantos nel pomeriggio si erano organizzati passando nel mercato ortofrutticolo della città in cui tenevano il concerto e rastrellando su tutta una serie di ortaggi, possibilmente non contundenti, ortaggi di scarto, e a metà concerto gli Skiantos tiravano questa verdura sul pubblico…, come ricordava Freak Antoni, frontman della stravagante band). E più o meno da qui, comincia la loro avanguardia performativa (che nel libro/zibaldone è contenuta nelle maccheronica “Demenzial Peiges”, datata all’anno 2177, effettivamente anni luce di distanza, oltre l’avanguardia) , cioè quando la band aveva portato sul palco un fornello e aveva cominciato a cucinare. Nelle testimonianze di altri personaggi come Sbarbo o Oderso, il ricordo è vivido: Oltretutto il fatto di cucinare gli spaghetti sul palco ci è costato grandi discussioni per convincere i musicisti a fare questa cagata, perché i musicisti ci rompevano i coglioni e non volevano… ‘ma no, dobbiamo fare il concerto perché poi la gente si incazza!’ Appunto! Va bene se si incazza! Noi vogliamo che si incazzino!” perché considerare i membri del collettivo bolognese come musicisti non è sbagliato, è completamente fuori tema. Cercavano la provocazione, non la tecnica o la “bellezza”. Basti pensare all’idea di formare la band, nata dall’incontro tra Sbarbo e Freak Antoni: “Freak ed io eravamo iscritti al DAMS. Un giorno, Freak mi ha contattato proponendomi di mettere un lato teatrale alla band. Quando gli ho chiesto che genere facessero mi ha risposto “ancora non lo so’! Poi mi ha chiesto ‘ma tu suoni?’ e io ‘no, e tu?’ ‘e allora?’ ‘bisogna trovare dei musicisti’!” Insomma, la musica non è assolutamente secondaria ma nel contempo non era nemmeno presa in considerazione, eppure, proprio questo suo “nichilismo” era la sorgente di quello che era considerato come “rock”, come manifestazione di sovversione che dipinge un affresco sociopolitico locale del tempo che è una voce nel coro della memoria bolognese di quella generazione. Come Sbarbo ricorda difatti “la città di Bologna, nelle sue istituzioni, già allora si mostrava ostile. I nostri compagni venivano denunciati dai compagni del PCI, tanto per fare un esempio si sapeva che gli autisti degli autobus segnalassero i movimenti delle masse di studenti alla polizia. Oggi le istituzioni tendono ad ignorare la storia del movimento ’77, di Radio Alice, di tutto quell’humus creativo e vitale che ne è scaturito”. E il succo sta proprio nello scontro che ha sempre caratterizzato quella generazione poiché “il colpo di culo fu che nel contesto culturale di allora, in cui c’era antagonismo frontale rispetto alle istituzioni,(…), dalle generazioni che ci precedevano e che amministravano la cosa pubblica, noi avevamo un atteggiamento antagonista e irriducibile”. E proprio per questa sua negazione di compromessi, gli Skiantos non possono essere etichettati come band necessariamente politica o come indicatore sociale dell’epoca (tant’è che il libro è tripartito, partendo dal 1977, passando per un abbozzo di 2017 e immergendo la memoria nel futuro, nel 2177). La loro irriducibilità li rendeva schegge impazzite, cani sciolti, che investigavano il non-sense: un’arma a doppio taglio di (auto-)ironia e iconoclastia che non si faceva imbrigliare facilmente. E non è un caso che una delle ultime apparizioni “importanti” di Freak Antoni, sia nel film di Davide Manuli “Beket”, in cui recita i suoi pezzi (come “i gelati sono buoni ma costano milioni”) nel deserto, nel vuoto dell’assurdo che forse solo il teatro può regalare (e la band aveva un palco che rivoltava come un calzino senza separare il pubblico dalle quinte). La profanazione della comicità e della politica, hanno reso gli Skiantos una band eterna, che forse apparterrà ad una nicchia, ma certo è che questo libro/memoria farà sicuramente il suo duro e sporco lavoro per ricordare chi erano, chi sono e chi saranno gli Skiantos.
Riccardo Gorone