Gregg Kowalsky – L’Orange, L’Orange (Mexican Summer, 2017)

mex246_web_1200x1200Gregg Kowalsky col disco dal tiolo evocativo L’Orange, L’Orange esce dal suo silenzio durato otto anni. Il silenzio è rotto da questo colore: l’arancione – E’ il colore che ho cominciato a sentire quando mixavo queste tracce. Mixare quando fuori c’è sempre il sole, ti condiziona”. Cresciuto a Miami e adesso residente a Los Angeles, il disco L’Orange, L’Orange, riflette il calore e la luminosità delle città costiere.
Cieli blu, maree idealizzate attraverso echi. Come le increspature in
Tuned to Monochrome, che come titolo è già un manifesto poiché associa già souno/colore e decide che tipo di colore. Ai ritmi di Pattern Haze aigli strati sabbiosi di Ritual Del Croix, in questa opera che, anche senza volerlo, è mimetica e non intransitiva, a dispetto di quello che dichiara Kowalsky stesso: Io volevo solo fare musica liberamente, e non pensavo a concetti particolari, o teorie, e fare del processo una parte fondamentale della composizione. Volevo che si percepisse che era stato fatto da un essere umano”. Un ambient vivibile, in cui immergersi totalmente, anche se ad occhi chiusi, avrete modo di vedere la luminosità della sua musica.

Il risultato? La sorpresa di Kowalsky stesso: Ho composto un disco fatto di beatitudine, che non è ciò che faccio generalmente. Ero molto meditativo nella sua creazione. L’ascolto è difatti un’esperienza meditativa, ma il disco richiede attenzione, ricco di momenti che sorprendono elegantemente. Per Kowalsky la musica può essere potente come il sole, e la solarità delle atmosfere che ha creato nell’album scalderà gli animi e rischiara le menti.

Riccardo Gorone

 

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